venerdì 4 aprile 2014

no no. E' tutta colpa dei tedeschi e della Germania, con la loro giustizia a senso unico. Nessuno ha collaborato, nessuno ha firmato niente e le banche, le massonerie, l'élite è solo vittima dei teutonici (che stavano molto meglio prima dell'imposizione dell'euro).
Nella foto, Jean Monnet, un francese vedete come lamenta di essere costretto dai tedeschi? Robert Marjollin, altro francese "sotto ipnosi" tedesca? Perché i politici italiani nel '95 posero il segreto di stato sulle trattative per l'ingresso nella Ue? Minacciati dai tedeschi di una guerra? L'ex presidente francese D'Estaing, il parlamentare danese Bonde, l'italiano Amato, come mai han pronunciato quelle frasi sotto riportate invece di denunciare di essere vittima della perfida Germania? Barroso, essendo spagnolo, una nazione vittima prediletta dei teutonici stando alla vulgata, perché non si ribella e denuncia la Germania? E' amante della Merkel? Preferisce però prendersela con gli euroscettici ed elogia la politica del rigore che ha consentito di salvare le banche (spagnole), AMMETTE.
La formula del 3% sul deficit/Pil fu decisa in un’ora e senza nessuna base teorica
A rivelarlo il suo inventore, l'economista francese Guy Abeille, che spiega: "Nasceva dalle circostanze della Francia di allora". continua su: Fan page 

Sulla Francia? Pensavo la Germania......

UE un progetto delle Elite per le Elite
il topolino dentro il labirinto ben rappresenta sia la libertà effettiva di cui gode il popolo, sia il suo grado di comprensione degli eventi che sono stati decisi sopra la sua testa

il DM 561/95
ha posto il segreto di stato su tutto per non farci capire

le immagini tranne la prima sono tratte da questo video di Solange Manfredi:

Quanto alla commistione tra voleri delle lobby industriali (non elette da nessuno) e Agenda Politica della Commissione UE, segnalo questo interessante documentario:

L'ennesima conferma ce l'ha data Barroso:

La ragione per cui abbiamo bisogno dell’Unione europea è proprio perché non è democratica (...)
“Questa è stata, in larga misura, la logica e l’obiettivo principale per l’unificazione europea. I padri fondatori avevano attraversato la Seconda Guerra Mondiale e ne sono usciti con una visione stanca di democrazia. Così hanno deliberatamente progettato un sistema in cui il potere supremo è esercitato da commissari nominati che non hanno bisogno di preoccuparsi dell’opinione pubblica. Essi – i padri fondatori – credevano che il processo democratico a volte ha bisogno di essere guidato, temperato, vincolato.”

http://blogs.telegraph.co.uk/news/danielhannan/100056661/the-eu-is-an-antidote-to-democratic-governments-argues-president-barroso/

E anche Enrico Letta ci ha aiutato a capire:
<unione politica non si potrà mai arrivare, e non si arriverà mai, per semplice volontarismo dei governi>>


Volontarismo: in sostanza Letta dice: non ci si arriverà su base volontaria, volontariamente.

Capito? il processo democratico va guidato (ma se qualcuno mi guida mi priva della libertà di guidare io) evincolato (che non mi venga la tentazione di fare cose che il potere non gradisce)

Piccola domanda: a chi giova tutto questo?


A proposito… l’Europa non è democratica. Ma va bene così. 


Ieri ho partecipato a un dibattito sull’emittente italiana RadioRadio con il professor Luciano Monti, docente di Politica Economica Europea alla LUISS. Tema: il dopo elezioni in Francia e l’euro. Bel dibattito, ben condotto, ricco di contenuti ma di facile comprensione anche per un pubblico generalista. (chi fosse interessato puô ascoltarlo qui sopra). Pur dissentendo su quasi tutto, ho apprezzato la correttezza e l’equilibrio del professor Monti. 



Mi ha colpito un aspetto delle sue riflessioni. Monti più volte ha giudicato corretti miei giudizi che, come sanno i lettori di questo blog, sono solitamente precisi (ho tanti difetti ma non quello del “cerchiobottismo”). Ad esempio mi ha dato ragione quando ho detto che uno dei problemi principali dell’Unione europea è provocato dalla rete tentacolare eppure invisibile delle lobby e dei tecnici – che nella più assoluta opacità – esercitano un’influenza enorme, sproporzionata su tutti i Paesi europei. Ha concordato quando ho definito un’aberrazione concettuale il “quantitative easing”, peraltro inutile perché queste vagonate di denaro virtuale finiscono alle banche indebitate, le quali tamponano i bilanci, ma non all’economia reale. 



Ho riscontrato tuttavia, i segnali di un riflesso condizionato. Il moderato, qualificato e gentilissimo professor Monti (lo è davvero, non sto ironizzando) riconosce, come capita quasi sempre con gli intellettuali organici, la validità di argomenti forti e controcorrente ma alla fine riconduce il suo ragionamento e la sua visione nel mainstream. Ad esempio: il problema non è l’euro ma questa Europa. Riconosce che certi parametri di Maastricht sono irragionevoli ma chiaramente non contempla uno dei problemi fondamentali dell’euro ovvero le innaturali rigidità della moneta unica le quali – come spiega benissimo Alberto Bagnai – rendono impossibile i meccanismi di compensazione di mercato tra economie nazionali molto diverse tra loro. 



E ha affermato, come tanti che “In Europa c’è ancora un deficit democratico”. Avete mai riflettuto sul significato di questa espressione, che qualche spin doctor ha sapientemente costruito per suonare innocua? “Un deficit democratico….” cosa volete che sia? Ci sono deficit dappertutto… 



Scomposta significa che “manca democrazia” ovvero che l’Europa viene governata senza il rispetto di principi sacrosanti come quello della tripartizione dei poteri, della sovranità popolare, della responsabiltà della classe politica, dell’alternanza nella trasparenza. A proposito: governata da chi veramente? E con quali fini? Domande scomode che di solito non ricevono una risposta compiuta. 



Ecco questa frase “il deficit democratico” dovrebbe suscitare l’indignazione degli intellettuali e della stampa che, sia essa di destra o di sinistra, dovrebbero esercitare il proprio ruolo di cane da guardia. E invece nulla. Anzi, viene assorbita come una verità assoluta, diventa, come tanti altri, un dogma e per questo continuamente ripetuto con l’effetto di rinforzarne l’assimiliazione nelle masse. 



Insomma, si banalizza un’aberrazione. E solo i liberi pensatori – di qualunque orientamento idelogico – hanno il coraggio di uscire dagli schemi. Ma sono, purtroppo, pochi. 





Tanto per capire, gli organismi che impongono le ricette lacrime e sangue da quando son nati a quei paesi con governi fantoccio messi dall'impero (americano, non prussiano né tedesco), sono la Banca Mondiale e il Fondo Monetario internazionale. Organismi di natura finanziaria, non caritatevole senza fini di lucro creati quando la seconda guerra mondiale non era ufficialmente dichiarata finita, come si potrà notare dagli approfondimenti sulla loro genesi ed evoluzione, non si direbbe siano due entità a stretto controllo teutonico. Nel 1944 c'erano le macerie sulle quali lucrare, territori di fresca annessione da spartire e soggiogare. Perseguono molto lucro, basti pensare come erano ridotti alcuni stati dell'america latina e dell'africa da decenni della loro "assistenza". Le stesse tutt'altro che inedite ricette, sono state imposte al feudo europeo. C'era troppo benessere e si doveva passare a "mietere il raccolto". Così si sono inventati i sacrifici per istituire la Ue e l'euro, e sacrifici per consentire la "forutnata" permanenza nella Ue e per continuare a godere degli immensi "benefici" dell'euro.

Per dare una parvenza di rappresentanza ai due squali americani si è aggiunta la BCE. Chi non si sente rappresentato dalle banche private?

Per completare il quadro, per intuire "vagamente" dove risiede il potere leggere

Considerazioni sull'indagine del Parlamento verso la troika
La troika non è una creatura divina. E' stata creata dagli Stati.
di Chris Richmond-Nzi
Le perplessità espresse dal Parlamento europeo sul ruolo e sulle attività della troika sono sicuramente legittime. Ciò che non può essere legittimo, è il tentativo di approfittare della densa foschia per lanciare il sasso, nascondere la mano, e defilarsi ‘on the cool’. La legislatura parlamentare giunge al termine, la propaganda politica sale di tono e mentre si avvicinano le elezioni, gli europarlamentari approvano un’indagine che è senza precedenti, che potrebbe sollecitare il ‘punto G’ dell’Unione europea, il suo acquis. Purtroppo – o per fortuna, a dipendenza della dottrina professata – la relazione approvata “non tenta di trarre conclusioni definitive o raccomandazioni da formulare”. Gli unici rappresentanti votati universalmente dai cittadini europei si sono accorti che vi è probabilmente stata un’infrazione nella gestione della crisi finanziaria, hanno indagato sull’accaduto, riconosciuto e indicato i presunti o effettivi colpevoli. Ma non intendono trarre conclusioni definitive.
La troika non è una creatura divina. È frutto di una decisione dei capi di Stato dell’area euro – su suggerimento del Consiglio Ecofin – risalente al 25 marzo 2010, rinforzata dal regolamento 472/2013 del Parlamento che ne definì il ruolo. La sua legittimata invece, risale alla ratifica dei capi di Stato dell’ESM, quel trattato che alla troika diede vita. È legittimo pensare – o sperare – che la proposta del Parlamento di smantellare l’attuale troika comporti anche lo smantellamento del meccanismo europeo di stabilità, ma così non sarà. La troika è composta da 3 organizzazioni internazionali con ruoli e scopi diversi, che mediante l’ESM cooperano per gestire un problema comune in una regione ben precisa della società internazionale: la zona euro. Prima dell’istituzione dell’ESM, ogni organizzazione parte della troika – Commissione europea, BCE e FMI – aveva una sua ‘ragione’ sociale, che ha mantenuto anche durante le attività svolte in nome della troika – e per conto dell’ESM –. Ragione sociale che, a meno di una modifica dei loro Statuti istitutivi, manterranno anche dopo un’eventuale smantellamento dell’ESM.
Nella relazione, il Parlamento addita pesantemente le altre istituzioni dell’Unione europea: accusa sia la Commissione che la BCE di conflitto d’interessi e scarica tutta la responsabilità politica delle azioni della troika sull’Eurogruppo, ma tace in merito alle effettive o presunte colpe del Fondo Monetario Internazionale. La BCE e la Commissione possono essere colpevoli di conflitto d’interesse soltanto se mediante la troika le loro competenze sono state illegittimamente ampliate, questo perché le istituzioni dell’Unione sono obbligate ad agire nei limiti del principio di attribuzione, e nei limiti delle loro competenze. L’ESM è stato istituito a seguito di una modifica dei trattati, mediante la procedura di revisione semplificata. Procedura che può addirittura modificare tutta la terza parte del trattato, ma che “non può estendere le competenze dell’Unione” e delle sue istituzioni. E con la sentenza Pringle, la Corte di giustizia europea ha evidenziato che entrambe le istituzioni “possono svolgere i compiti che sono stati loro conferiti mediante il trattato ESM” per il semplice fatto che entrambe erano già in possesso di tali competenze, ben prima dell’istituzione di quel trattato. A differenza del patto di stabilità – che in parte vincola anche i paesi che non adottano l’euro come moneta – l’ESM è specificatamente rivolto ai 18 Stati che sono membri dell’Eurozona, pertanto, non riguarda i paesi con deroga. Se però si prende in considerazione l’approccio dell’Unione europea nei confronti di quei paesi che non adottano la moneta euro, ma che si trovano in difficoltà nella bilancia dei pagamenti, appare evidente perché l’ESM non estende in alcun modo né le competenze della BCE, né quelle della Commissione.
Nella primavera 2009 la Romania ha inoltrato alle istituzioni internazionali (Unione europea e Fondo Monetario Internazionale) una richiesta di assistenza finanziaria multilaterale. Dopo alcuni mesi di trattative, le parti hanno raggiunto un accordo sull’ammontare dell’assistenza: 5 miliardi € provenienti dall’Unione europea, 13 miliardi (11,44 miliardi di DSP, ovvero 1’110.77 % delle quote detenute dalla Romania) dal Fondo Monetario Internazionale, 1 miliardo dalla Banca Mondiale e un altro miliardo dalla Banca per lo Sviluppo. Il programma di assistenza sarebbe dovuto durare due anni, ma nel febbraio 2011, per rilanciare la crescita economica e consolidare la stabilità finanziaria, la Romania è stata sottoposta ad un secondo programma di assistenza, denominata precauzionale: 1,4 miliardi € dall’Unione europea, 3,5 miliardi (3,090 miliardi di DSP, ovvero il 300% delle quote detenute dalla Romania) dal Fondo Monetario e 1,1 miliardi dalla Banca Mondiale. Nel luglio 2013, dopo ben due programmi di assistenza finanziaria, e a seguito di un ulteriore rischio nella bilancia dei pagamenti, le autorità rumene hanno dovuto richiedere alle istituzioni internazionali un terzo programma di assistenza finanziaria che terminerà a fine settembre 2015, proprio quando la Romania dovrà iniziare a rimborsare i debiti contratti con il primo programma di assistenza datato 2009. La ratifica dei Memorandum d’intesa contenente i vincoli imposti hanno anticipato tutte le rate di assistenza: spending review, riforma sanitaria, riforme istituzionali, consolidamento del settore bancario, riduzione del rapporto deficit-PIL, riforma del lavoro e riforma delle pensioni. Questa è la peculiarità di essere con due piedi fuori dall’euro, e con due mani dentro l’Unione europea.
L’intenzione del Parlamento europeo di avviare “una graduale cessazione della partecipazione del FMI nella risoluzione dei problemi dell’area euro” – oltre ad essere tecnicamente complicato – è di fatto una soluzione parziale, anche perché non prende in considerazione le competenze del FMI all’interno del sistema economico finanziario internazionale. Il Fondo, oltre ad essere il centro di raccolta e di scambio di informazioni sui problemi monetari e finanziari, è il consulente tecnico per eccellenza “nell’elaborazione delle politiche – nazionali – volte a promuovere il conseguimento degli scopi del Fondo” stesso. Secondo il Fondo Monetario, ogni Stato membro – 188 – deve rendere i diritti speciali di prelievo (DSP) lo strumento principale di riserva del sistema monetario internazionale, ed ogni Stato membro “deve impegnarsi a non effettuare transazioni con uno Stato che non è membro del FMI, oppure che è contrario agli scopi del Fondo”.
Un Fondo monetario europeo, istituito con il diritto primario dovrà comunque avvalersi delle prestazioni e della peculiarità del FMI: grazie ai prestiti erogati dagli Stati membri non ha limiti di erogare prestiti. In ogni caso, il futuro Fondo monetario europeo sarà ampiamente strutturato come l’originale. Sarà finanziato dagli Stati membri dell’Unione europea e avrà anch’esso una peculiarità: a differenza dell’ESM, non sarà specificatamente destinato ai paesi dell’Eurozona, ma sarà dedicato a tutti i paesi membri dell’Unione europea, senza deroga alcuna.
Notizia del: 27/03/2014

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