giovedì 17 aprile 2014


RUSSIA: L'ABOMINATO UOMO DELLE NEVI
Putin con lo scrittore Alexander Solgenitsin
Tito Pulsinelli Che tempi memorabili quelli in cui un presidente russo prendeva a cannonate la sede del parlamento e poi mise all'asta tutto -letteralmente tutto- per quattro spiccioli. Era la vera e propria conquista dell'est per i globalisti. Per la modica spesa di 600 milioni di dollari, si aggiudicarono tutti i giacimenti, pozzi, condutture, raffinerie e stazioni di servizio dell'industria petrolifera. Una manna, e che simpatico quel Yeltsin, autentico eroe della democrazia elitista -versione etilica - che l'Occidente applaudiva fino a spellarsi le mani. Tempi virili, in cui i gagliardi “globalizzatori” sputavano anche nel piatto da cui
si ingozzavano. Vendettero la pelliccia dell'orso prima di averlo abbattuto. I maestri del galleggio si accalcarono attorno al carro del vincitore per rinnegare la “pianificazione”. In tutte le contrade, sgomitavano i neofiti (di primo e ultimo pelo) del novello sacerdozio del liberismo totale del “mercato”, borse e banche.

Spolparono quasi tutto, poi il “gran” Yeltsin passò a miglior vita. Non fecero in tempo a dargli in premio Nobel. Si sa, sono sempre i migliori ad andarsene. Le vacche ancora disponibili erano quelle più scheletriche. Inatteso come le sette piaghe, però, arrivò un abominevole uomo delle nevi, un temibile tiranno eurasiatico. Riprese a sventolare improbabili bandiere eretiche e antimoderniste: sovranità, protezionismo, centralità dello Stato nell'indirizzo della nazione, identità nazionale, economia mista. In più, una “assurda” pretesa di mantenere separato il potere economico da quello politico. Ad ogni costo.


Putin aprì le porte delle carceri a coloro che -alla ricchezza generata da delinquenziali privatizzazioni- volevano aggiungere anche il comando politico della Russia, con la compra all'ingrosso di elettori e di tutti i media. Tra Putin e i nuovi oligarchi venuti dal nulla, l'Occidente si schierò con questi ultimi. E voltò le spalle al volgo, disprezzandone l'iperdonabile  “populismo”. Mise in chiaro che democrazia si coniuga perfettamente con mafie organizzate, se aprono conti nelle banche di Londra.

L'ex colonnello del KGB, strappando all'arbitrio dei “mercati” il controllo delle risorse strategiche della nazione, generò i mezzi necessari per rinsaldare l'intelaiatura post-sovietica. Mise fino al culto dell'ognuno per se e mercato per tutti. Potè sostenere la domanda sociale di una popolazione data in pasto alle divinità antropofaghe del “modernismo”. Riuscì a rinsaldare la coesione sociale e il vigore del braccio armato, indispensabili per ogni progettualità propria. I distributori automatici di coccarde e brevetti democratici malcelavano lo stupore per il ciclo di +7% di crescita del sacro PIL.

Durante l'olimpiade di Pechino, portò una risposta militare fulminante alle provocazioni nel Caucaso da parte della Georgia, dimostrando che molta acqua era passata sotto i ponti dopo la disintegrazione della Yugoslavia. L'espansione abusiva della NATO verso est, nonostante lo scioglimento del Patto di Varsavia, era finita. La complicità atlantista della classe dirigente europea, con l'avallo dato a questo inganno, rinuncia all'occasione storica di ricostituire una difesa propria. Andò a rimorchio, non riprese le redini del destino geopolitico. L'ebrezza del neoliberismo è un lenitivo immediatista, risibile rispetto alla negata funzione di ponte storico tra le Americhe e l'Asia, Medioriente e Nordafrica.


 Gli europei non hanno il diritto di scambiare manufatti e tecnologie con l'energia e materie prime russe. La proposta di unpartenariato che apra la grande area eurasiatica, va oltre la dimensione meramente doganale. Perchè dischiude un'orizzonte di pace basato sulla coperazione di lungo periodo e la complementarietà. Non c'è stata risposta al discorso rivolto in lingua tedesca da Putin al Bundestang di Berlino.

L'Europa finanziarista autorizzata da Washington, può solo intrupparsi nelle avventure belliche imperiali, ultimo senile abbaglio di poter continuare a comandare su tutte e ogni cosa del mondo. Tragico, nel caso italiano, quando ricava solo perdite di forniture energetiche privilegiate e voluminose esportazioni in Libia, oltre al secolare ruolo nel Mediterraneo.

Minacce, ultimatum rinnovati e differiti, raggiri della “legalità internazionale” e bizze di varia indole non hanno piegato la Siria. La NATO non ha rischiato i suoi aerei contro la inviolabile barriera di radar e missili forniti dalla Russia. Il ripiego forzato su milizie noleggiate e feccia politica di avariata indole, dice che  il ricorso camuffato al terrorismo endogeno e importato, non paga . Distrugge ma non controlla nè addomestica. La fase propulsiva dell'espansionismo atlantista si è esaurita. Infranta sulle porte di Damasco dall'ampio arco multipolare che va dal BRICS alle 104 nazioni del Movimento Non-Allineati. La strada che porta a Teheran è sbarrata e si addiviene a più ragionevoli e miti conciliaboli.

I nemici sono tanti e la forza (bruta) è quel che è. L'armata russa sarà pure obsoleta, ma ha livelli di eccelenza nel dominio dei cieli, in grado di neutralizzare caccia e portaerei. Impossibile chiudere il mar della Cina per controllarne l'unico sbocco e asfissiarla, e contemporaneamente mettere in inginocchio gli ayatollah.Poi trasformare il mar Nero in un bunker invalicabile che scacci Mosca dal Mediterraneo e dal Medioriente è proprio una... roulette russa. Chi -nell'esercizio pieno delle facoltà mentali- può credere che Washington (e l'entità-UE) oggi può sbaragliare simultaneamente Russia e Cina, riavvicinate e confluenti?


Il colpo di mano per cambiare il governo di Kiev è stato “facile” però non garantisce il controllo dell'Ucraina. L'implosione innescata è inarrestabile, anche con una Federazione o Confederazione, poichè gli Stati Uniti e Bruxelles dovrebbero metter mano al portafogli per garantire il minimo di operatività ai lacchè istallati in loco. Le sanzioni masochistiche, lasciano spazio alla contromossa “economica” del Cremlino, che sposterà definitivamente l'asse geo-economico verso l'oriente. Gli idrocarburi che non affluiranno più verso l'Europa saranno ben ricevuti dalla Cina e India.
Ci si può pure gingillare con la favola delle navi che trasporteranno il gas che gli Stati Uniti estrarranno nel prossimo futuro. Quel che è certo è che -comunque andrà a finire- le forniture russe saranno tagliate del 30%. E' il prezzo per l'indecente collaborazionismo con il Pentagono.

Putin dispone di una ulteriore ed estrema contromossa sull'arroventato scacchiere. Fornire all'Iran il sistema di difesa aerea SS-300 o SS-400 che l'immunizzerebbe definitivamente da ogni minaccia di Israele, Arabia saudita e NATO. Una svolta imprevista per i negoziati sulla regolamentazione dell'energia nucleare, in cui l'unilateralismo degli atlantisti cozzerebbe contro un muro.

Da tempo è in corso una guerra commerciale, monetaria, finanziaria, demografica, culturale e mediatica. In alcuni casi c'è anche il ricorso ai mezzi militari. L'eliteeuropea si presterà ancora una volta a che gli Stati Uniti combattano l'ennesima guerra fuori del loro territorio? Continuerà ad abboccare all'amo di sanzioni contro paesi con cui Washington non commercia da trent'anni (Iran)? O dove sono esposti in misura assai minore dell'entità-UE?
Il masochismo non è più giustificato neppure dal livello dall'aumentata subordinazione, ormai dilatata oltre i limiti angusti fissati dagli armistizi del 1945. Yalta è morta, come pure l'unipolarismo. L'Europa deve risollevare la testa e volgere lo sguardo altrove: esiste anche il sud e l'oriente, oltre e contro il predatorio asse Atlantico sta avanzado il multipolarismo. Ritrovare più spazi di autonomia e' possibile, mandando a casa l'attuale gruppo dirigente sovranazionale. E' solo un'ombra del globalismo espansionista, approdato all'ultima spiaggia militarista.

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