venerdì 20 settembre 2013


ah ecco perché certe fazioni sioniste politicizzate demonizzano l'esercito santificando i Fratelli Musulmani che accolsero con favore l'ipotesi di prendere soldi dal FMI. La finanza ringrazia e sponsorizza..... I diritti umani per i cristiani decimati dai bravi e buoni fratelli musulmani? Chi se ne importa, gli unici diritti a dover essere tutelati son quelli delle banche che hanno nel FMI il suo degno rappresentante.
Barbara

L`Egitto verso i non allineati 
Il Cairo rifiuta il prestito Fmi e guarda ai Brics 

Lorenzo Moore   
Nell'attuale governo provvisorio de Il Cairo, imposto due mesi fa dal generale Abdul Fatah Khalil as-Sisi dopo la deposizione del presidente Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, e il conseguente bagno di sangue, sta emergendo una linea di avvicinamento ai Paesi non allineati del blocco dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). Una deviazione inattesa dalle diplomazie occidentali, già patrocinatrici della "primavera" che aveva determinato il crollo del presidente Mubarak,e che in un certo senso "rivoluziona" sia le virtuali alleanze con Riad e le altre monarchie del Golfo e sia i recenti collegamenti con Ankara.Tutto si è iniziato con la recente decisione egiziana di rifiutare un nuovo prestito da parte del Fmi e dalla contemporanea dichiarazione, da parte del ministro degli Esteri Nabil Fahmy su un Egitto vittima di un "complotto internazionale" la cui mano armata sarebbero gli "atti di terrorismo" che si verificano in queste settimane all'interno del territorio nazionale "amplificati dai media internazionali" (un'accusa esplicita contro la catena televisiva qatariota al Jazeera e indiretta alla nordamericana Cnn).Sta di fatto che vari sono stati in questi ultimi tempi i segnali di un "riallineamento dell'Egitto" verso i BRICS e al di fuori del cerchio di alleanze con l'Occidente (Stati Uniti in primis), con l'Arabia saudita e con gli Stati del Golfo.Lunedì 16 settembre, peraltro, lo stesso Nabil Fahmy, nel corso di una visita ufficiale in Russia, ha dichiarato in un'intervista a Moscow News e a Ria Novosti che "l'Egitto apprezza il sostegno russo alle istanze del popolo egiziano" e ha annunciato lo "sviluppo" di proficue relazioni bilaterali di cooperazione e interessi comuni". Non solo, ma Nabil Fahmy ha dichiarato che il Cairo "apprezza l'iniziativa diplomatica russa sulle armi chimiche in Siria" e si augura che il suo successo possa "tutelare la regione del Medio Oriente da una minaccia di divisione" che invece provocherebbe una soluzione militare.Un'inversione di tendenza, nella politica regionale, a tutto tondo. Sull'Egitto guidato da Morsi, infatti, sia il Qatar che le monarchie arabe alleate degli angloamericani, avevano rivolto le loro pressanti attenzioni per far schierare il Cairo nel fronte di aggressione contro la Siria. Una strategia di sostegno alla Fratellanza Musulmana iniziata dal Qatar fin dal 2008, con l'accensione delle micce di destabilizzazione (dette "Primavere arabe"), in Turchia, Siria, Libano, Palestina, Libia e nello stesso Egitto. Sotto la presidenza Morsi, inoltre, era stata coltivata una spirale di tensione contro l'Etiopia, accusata di attentare alle risorse idriche egiziane con la costruzione di una diga sul Nilo Azzurro per la produzione di energia elettrica.In questo evidente inizio di riallineamento dell'Egitto su un fronte non allineato, con un ritorno agli equilibri fino ai primissimi anni Settanta, non è inoltre un caso che giochino anche sostanziosi interessi finanziari.Nei mesi appena precedenti il rovesciamento della presidenza Morsi, l'Egitto aveva ricevuto aiuti per 5 miliardi di dollari dall'Arabia saudita (1 a fondo perduto, 2 con depositi nella sua Banca centrale e 2 con la fornitura di gas e petrolio), per 4 miliardi di dollari dal Kuwait (1 a fondo perduto, 2 in depositi e 1 in forniture petrolifere), 3 miliardi di dollari dagli Emirati Arabi Uniti (1 a fondo perduto e 2 in depositi). Inoltre il Cairo aveva negoziato 1,3 miliardi di dollari di aiuti dagli Usa (comprensivi della fornitura di 20 cacciabombardieri F-16).La rinuncia all'ulteriore prestito del Fmi - annunciata ufficialmente dal ministro egiziano delle finanze - viene messa dagli analisti del Vicino Oriente in stretta correlazione con la decisione del gruppo non allineato dei Brics (presa a latere del recente G20 a San Pietroburgo) di capitalizzare la propria Banca per lo Sviluppo con 100 miliardi di dollari e di dare seguito a breve ad operazioni di finanziamento ai Paesi emergenti (Egitto, così, incluso).E' questa l'altra faccia dello stato di tensione che percorre la politica internazionale e che, facendo perno sulla necessità occidentale (atlantica) di destabilizzare e dividere quello che il nostro più vicino oriente, ha fortunatamente fatto emergere forze di radicale contrasto tra i Paesi non allineati, Iran compreso. Nell'attuale governo provvisorio de Il Cairo, imposto due mesi fa dal generale Abdul Fatah Khalil as-Sisi dopo la deposizione del presidente Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, e il conseguente bagno di sangue, sta emergendo una linea di avvicinamento ai Paesi non allineati del blocco dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). Una deviazione inattesa dalle diplomazie occidentali, già patrocinatrici della "primavera" che aveva determinato il crollo del presidente Mubarak,e che in un certo senso "rivoluziona" sia le virtuali alleanze con Riad e le altre monarchie del Golfo e sia i recenti collegamenti con Ankara. 
Tutto si è iniziato con la recente decisione egiziana di rifiutare un nuovo prestito da parte del Fmi e dalla contemporanea dichiarazione, da parte del ministro degli Esteri Nabil Fahmy su un Egitto vittima di un "complotto internazionale" la cui mano armata sarebbero gli "atti di terrorismo" che si verificano in queste settimane all'interno del territorio nazionale "amplificati dai media internazionali" (un'accusa esplicita contro la catena televisiva qatariota al Jazeera e indiretta alla nordamericana Cnn). 
Sta di fatto che vari sono stati in questi ultimi tempi i segnali di un "riallineamento dell'Egitto" verso i BRICS e al di fuori del cerchio di alleanze con l'Occidente (Stati Uniti in primis), con l'Arabia saudita e con gli Stati del Golfo. 
Lunedì 16 settembre, peraltro, lo stesso Nabil Fahmy, nel corso di una visita ufficiale in Russia, ha dichiarato in un'intervista a Moscow News e a Ria Novosti che "l'Egitto apprezza il sostegno russo alle istanze del popolo egiziano" e ha annunciato lo "sviluppo" di proficue relazioni bilaterali di cooperazione e interessi comuni". Non solo, ma Nabil Fahmy ha dichiarato che il Cairo "apprezza l'iniziativa diplomatica russa sulle armi chimiche in Siria" e si augura che il suo successo possa "tutelare la regione del Medio Oriente da una minaccia di divisione" che invece provocherebbe una soluzione militare. 
Un'inversione di tendenza, nella politica regionale, a tutto tondo. Sull'Egitto guidato da Morsi, infatti, sia il Qatar che le monarchie arabe alleate degli angloamericani, avevano rivolto le loro pressanti attenzioni per far schierare il Cairo nel fronte di aggressione contro la Siria. Una strategia di sostegno alla Fratellanza Musulmana iniziata dal Qatar fin dal 2008, con l'accensione delle micce di destabilizzazione (dette "Primavere arabe"), in Turchia, Siria, Libano, Palestina, Libia e nello stesso Egitto. Sotto la presidenza Morsi, inoltre, era stata coltivata una spirale di tensione contro l'Etiopia, accusata di attentare alle risorse idriche egiziane con la costruzione di una diga sul Nilo Azzurro per la produzione di energia elettrica. 
In questo evidente inizio di riallineamento dell'Egitto su un fronte non allineato, con un ritorno agli equilibri fino ai primissimi anni Settanta, non è inoltre un caso che giochino anche sostanziosi interessi finanziari. 
Nei mesi appena precedenti il rovesciamento della presidenza Morsi, l'Egitto aveva ricevuto aiuti per 5 miliardi di dollari dall'Arabia saudita (1 a fondo perduto, 2 con depositi nella sua Banca centrale e 2 con la fornitura di gas e petrolio), per 4 miliardi di dollari dal Kuwait (1 a fondo perduto, 2 in depositi e 1 in forniture petrolifere), 3 miliardi di dollari dagli Emirati Arabi Uniti (1 a fondo perduto e 2 in depositi). Inoltre il Cairo aveva negoziato 1,3 miliardi di dollari di aiuti dagli Usa (comprensivi della fornitura di 20 cacciabombardieri F-16). 
La rinuncia all'ulteriore prestito del Fmi - annunciata ufficialmente dal ministro egiziano delle finanze - viene messa dagli analisti del Vicino Oriente in stretta correlazione con la decisione del gruppo non allineato dei Brics (presa a latere del recente G20 a San Pietroburgo) di capitalizzare la propria Banca per lo Sviluppo con 100 miliardi di dollari e di dare seguito a breve ad operazioni di finanziamento ai Paesi emergenti (Egitto, così, incluso). 
E' questa l'altra faccia dello stato di tensione che percorre la politica internazionale e che, facendo perno sulla necessità occidentale (atlantica) di destabilizzare e dividere quello che il nostro più vicino oriente, ha fortunatamente fatto emergere forze di radicale contrasto tra i Paesi non allineati, Iran compreso. 



17 Settembre 2013 - Rinascita

0 commenti:

Posta un commento