martedì 10 aprile 2012

Un grande uomo, coraggioso ed onesto.
Barbara

Nuovi inquisitori e campagne calunniose. Intervista con Gilad Atzmon

In seguito alla pubblicazione dell'edizione francese del libro "The Wandering Who?", abbiamo chiesto al suo autore, il celebre jazzman Gilad Atzmon, di rispondere alle accuse mosse contro di lui da parte di coloro che tentano, continuamente, di impedire l'espressione e la diffusione delle sue idee. Nel suo libro, Gilad decostruisce la politica identitaria ebraica. Fustiga allo stesso tempo il dominio della politica ebraica all'interno dei movimenti di sinistra ed in particolare dei movimenti solidali con il popolo palestinese. Le sue risposte, raccolte da Silvia Cattori, mostrano la pochezza delle argomentazioni di quanti complottano per isolarlo e smascherano le loro imposture perpetrate attraverso intimidazioni e calunnie.
Silvia Cattori: Il suo libro è stato appena pubblicato in Francia [1]. Pur senza aver avuto una campagna promozionale, si sta vendendo bene, nonostante che i membri della Unione Ebraica Francese per la Pace (UJFP) e della International Jewish Antizionist Network (IJAN) abbiano lanciato una campagna contro di lei, all'interno del mondo della sinistra e dei movimenti di solidarietà con la Palestina, addirittura sei mesi prima dell'uscita della traduzione francese [2]. È stupito da questi attacchi?

Gilad Atzmon: Come lei sa bene, sono anni che sono fatto oggetto di questo genere di campagne vili da parte degli ebrei antisionisti. È evidente come io sia percepito come un guastafeste. Non c'è da stupirsi: io sono contro qualunque forma di politica identitaria ebraica poiché le considero, tutte quante, esclusiviste e razziste. Purtroppo, allo stesso modo dei sionisti, molti gruppetti politici ebraici antisionisti sono apertamente impegnati in

politiche altrettanto tribali, altrettanto razziste, altrettanto esclusiviste.
Ma esiste anche un problema ideologico. Io affermo apertamente che tutta la terminologia che loro usano è sbagliata. Il sionismo non è colonialismo, Israele non pratica l'Apartheid, e gli Israeliani non sono assimilabili ai sionisti. Il sionismo non è colonialismo: infatti, lo Stato ebraico dei coloni è privo di metropoli. Israele non è Apartheid: lo Stato ebraico non cerca di sfruttare i Palestinesi ma semplicemente di sbarazzarsene. In effetti, Israele si regge sulla filosofia dello spazio vitale, del Lebensraum. Detto in altre parole, lo Stato ebraico ha adottato l'ideologia razzista ed espansionista nazista. Ma gli ebrei che sono parte del nostro movimento [di solidarietà con i Palestinesi], non amano la similitudine con la Germania nazista. Di più, Israele non è esattamente il sionismo, e gli Israeliani non sono necessariamente sionisti. Israele è il prodotto dell'ideologia sionista e l'Israeliano è fondamentalmente un prodotto post-rivoluzionario. Ne consegue che il dibattito sionismo/antisionismo è molto poco pertinente con Israele, o nel quadro della politica israeliana. Riassumendo, tutta la terminologia che utilizziamo è ambigua, o addirittura fuorviante. E poiché io lo denuncio, immagino che sia del tutto naturale che alcuni vorrebbero eliminare il portatore di questo messaggio.

Silvia Cattori: In tanti la riconoscono come un pensatore serio e sincero in seno a questo movimento. La rispettano e ammirano. Lei ha il coraggio di incendiare il dibattito, infrangere i tabù, e di confrontarsi coi suoi detrattori con argomentazioni solide. Il fatto che l'UJFP in Francia e l'IJAN in Svizzera, per esempio, siano in grado di intimidire quanti l'apprezzano, pubblicano e invitano, non conferma forse la veridicità della sua posizione?

Gilad Atzmon: Queste officine ebraiche antisioniste non fanno che promuovere una causa tribale e marginale, raggruppano pochissime persone ma sono capaci di fare molto rumore. È chiaramente nell'interesse dei propugnatori del giudeo-centrismo mantenere in vita delle organizzazioni ebraiche dissidenti affinché detengano l'egemonia ebraica sul movimento di solidarietà con la Palestina e oltre. Tragicamente, ed è indubbio che sia così, questi movimenti non avranno mai alcuna possibilità di diventare movimenti di massa. Il loro messaggio è troppo esoterico. Così, ad esempio, perché mai una persona seria dovrebbe entrare in un gruppo di solidarietà se uno dei suoi principali obiettivi è la «lotta contro l'antisemitismo»? Se le persone sono realmente interessate al discorso della solidarietà con i Palestinesi, devono assicurarsi che si tratti di un movimento che sta diventando universale, un movimento guidato dalla compassione e da considerazioni etiche.
Forse vi sorprenderò. Io vorrei davvero vedere il maggior numero di ebrei possibile in questi movimenti; ma dovrebbero interessarsi di quelli che sono i veri problemi, cioè il calvario dei Palestinesi e la natura del potere politico ebraico. Fondamentalmente io studio il potere ebraico, è il mio oggetto di studio prediletto. Analizzo l'identità e la politica ebraica. Ed è del tutto sorprendente che i primi ad attaccarmi e a tentare di ridurmi al silenzio siano precisamente coloro che rivendicano di essere «attivisti ebrei della solidarietà con i Palestinesi». Già solo questo fornisce l'impressione che tali persone non sono affatto ciò che pretendono di essere, militanti della solidarietà. No, queste persone non sono altro che un'altra forma della AntiDefamation League.
Ma, lo sa, io sono felice di dibattere su questi temi. Se vogliono dibattere, che vengano a confrontarsi con me, a Londra o Parigi... se pensate che ho torto, venite a dibattere con me! Se sono in errore, venite a dimostrarmi le pecche del mio ragionamento: le mie informazioni sono erronee? Le mie argomentazioni parziali? No: in realtà nessuno è stato in grado di evidenziare il minimo errore nelle mie argomentazioni o nei fatti di cui parlo. Sanno solo ricorrere ad una trita tattica rabbinica, lanciare anatemi (herem). Perché ricorrono alla tattica talmudica? Perché probabilmente è esattamente ciò che sono, appartenenti al «popolo del libro» che perpetuano un orrido autodafé. Penso che se avessero potuto crocefiggermi, l'avrebbero fatto.

Silvia Cattori: I suoi detrattori sono determinati ad escluderla dal dibattito. È facile convincere quelli che non sanno nulla di come stanno le cose sostenendo [3] che il suo polemizzare su giudaismo e antisionismo ebraico sarebbe alimentato da «razzismo» per il fatto che attribuisce «ad un intero gruppo di persone dei criteri negativi al fine di screditarli». Ma sono seri?

Gilad Atzmon: Allora, è sicuro che non sono seri. Io non mi occupo del giudaismo. Non critico niente del giudaismo anche se mi permetto di criticare talune interpretazioni che sono fatte dagli ebrei. Nemmeno critico con virulenza, in maniera generica, la politica ebraica, e l'antisemitismo ebraico in particolare. Ma le prime domande da sollevare qui riguardano il sapere perché a qualcuno dovrebbe essere interdetto dibattere sul giudaismo, la politica ebraica o l'antisemitismo ebraico. Il giudaismo è forse al di sopra di qualunque critica? La politica ebraica è forse intrinsecamente innocente? Gli antisionisti ebrei sono forse perfetti? È evidente che i miei detrattori aderiscono a questo giudizio, che più banale e inquietante non si potrebbe, secondo cui gli ebrei sono, in un modo o in un altro, dei prescelti, degli eletti, che il giudaismo è incontestabile e la politica ebraica intangibile. Ovviamente io non accetto questo approccio alle cose. Considerando l'impatto negativo che hanno le lobby politiche ebraiche nel fomentare una nuova guerra mondiale, criticare la politica ebraica significa amare davvero la pace.
Ci tengo inoltre a sottolineare che le preoccupazioni relative la «etnicità» o la «razza» sono estranee al mio lavoro. Nella totalità dei miei scritti non c'è il minimo riferimento agli ebrei in quanto «razza» o «etnia». Critico la cultura e l'ideologia ebraica in ragione del fatto che le organizzazioni IJAN, UJFP, ADL, la Zionist Federation, e compagnia, agiscono in quanto gruppi riservati ai soli ebrei e che le loro motivazioni sono ben lontane dall'essere universali o morali.

Silvia Cattori: Che mi dice «dell'antisemitismo classico» che le attribuiscono?

Gilad Atzmon: Dipende da cosa si intende per «antisemitismo classico». È vero che il XIX secolo ha prodotto una scuola di pensiero altamente critica nei confronti della cultura ebraica. Conosciamo bene questo dibattito tra Atene e Gerusalemme. Per quanto mi riguarda, era (e rimane) un dibattito molto interessante ed illuminante. Ha quanto meno avuto il merito di condurre generazioni di ebrei verso la riforma, l'umanesimo, la tolleranza. In ogni caso siamo tutti d'accordo nel sostenere che l'antisemitismo è diventato un pensiero molto problematico, vile e criminale, nel momento in cui ha adottato una posizione biologica determinista. È dunque diventato fondamentalmente un discorso razzista darwinista. Ma, in un modo particolarmente scioccante, la politica ebraica (che sia di sinistra, destra o centro) si è imbevuta di questa sorta di attitudine razzista. Lei potrebbe, Silvia, aderire a uno di questi gruppi unicamente composti da ebrei che si pretendono «progressisti»? Io non credo. E sa perché? Non corrisponde affatto al profilo razziale indispensabile per esservi ammessa.

Silvia Cattori: Cosa risponde alle ricorrenti accuse di negazionismo?

Gilad Atzmon: Il negazionismo è, in tutta evidenza, una nozione sionista. Nessuno nega l'Olocausto, anche se alcune persone mettono in dubbio taluni elementi sul piano storico. Personalmente non prendo parte a dibattiti storici perché non sono uno storico. Tuttavia penso che la Storia debba rimanere un discorso aperto. Se qualcuno pensa che ho torto nell'affermare questo, che questa persona avanzi un argomento convincente. Ma attenzione: lui o lei dovrà anche spiegare cosa è inammissibile nella legge israeliana che riguarda la Naqba.

Silvia Cattori: Nel momento in cui si afferma che lei «attacca tanto gli antisionisti ebrei che i religiosi ebrei in termini razzisti », dunque, si mente?

Gilad Atzmon: Certo che si mente! È falso, è una totale deformazione dei miei scritti e del mio lavoro di ricerca. In tutti i miei scritti non si troverà alcuna critica del giudaismo o degli ebrei in quanto popolo, in quanto razza o in quanto etnia. Io non mi riferisco che alla sola ideologia, non al popolo. Sono irremovibile verso tutte le organizzazioni politiche riservate ai soli ebrei.
Considero taluni ebrei antisionisti e taluni ebrei di sinistra come «antisionisti sionisti» perché vedono nel loro essere giudei una qualità politica primaria. L'eminente sionista Haïm Weizmann ha detto: «Non esistono ebrei francesi, britannici, tanto meno americani. Ci sono solo ebrei che vivono in Francia, che vivono in Gran Bretagna o in America». Ciò significa che, nell'ideologia sionista, essere giudeo è una qualità primaria. Gli ebrei antisionisti o gli ebrei per la pace vedono chiaramente nel loro essere giudei una qualità primaria. Se non lo considerassero una qualità primaria, entrerebbero nel movimento per la pace e nel movimento per la solidarietà con la Palestina come tutti gli altri. Le ideologie ebraiche sono molto diverse le une dalle altre su numerose questioni. Ma tutte quante concordano su taluni punti fondamentali: l'Elezione, l'esclusivismo, la segregazione. La sola cosa in cui credono tutte, a l'unanimità, è che gli ebrei sono, in un modo o in un altro, il popolo eletto. Del resto, se gli ebrei non avessero niente di speciale, perché agirebbero attraverso gruppi in cui solo gli ebrei sono ammessi?

Silvia Cattori: Le rimproverano anche di suggerire l'idea che «l'oppressione colonialista israeliana non è frutto del sionismo ma il risultato del giudaismo».

Gilad Atzmon: Di nuovo, una caricatura. Per cominciare, lo ripeto, io non parlo del giudaismo, destrutturo l'ideologia ebraica. Posso arrivare a domandarmi quali siano le tracce giudaiche in una ideologia ebraica contemporanea. Per esempio, mi domando in che modo il Deuteronomio influenzi l'ideologia ebraica. Oppure chiedermi quale sia il significato del Libro di Esther. Tuttavia, del resto, affermo non essere il «sionismo» a far soffrire il popolo palestinese, ma lo Stato ebraico. E lo Stato ebraico lo fa in nome del popolo ebraico. Se Israele si autodefinisce come Stato ebraico, se i suoi carri armati sono decorati dai simboli ebraici, dobbiamo essere autorizzati a chiederci chi siano gli ebrei, o no? O ancora cosa sia il giudaismo e l'essere giudei. Nel mio lavoro io faccio un distinguo tra il sionismo e il discorso israeliano. Affermo che Israele non è guidato dal sionismo e che il sionismo è un discorso della diaspora ebraica che sta perdendo ogni rapporto con l'oppressione che subisce il popolo palestinese.

Silvia Cattori: Recentemente, lei è stato criticato in una lettera aperta apparentemente redatta da Ali Abunimah e firmata da alcuni attivisti palestinesi. La sua arroganza ha suscitato una valanga di reazioni negative contro di lui [4]. Questo non dimostra come sia gravissimo ciò che succede dentro la direzione del Movimento di solidarietà? E che gli aspetti su cui lei punta il dito nel suo libro sono terribilmente reali?

Gilad Atzmon: Sì, è molto triste, in particolare da parte di Ali Abunimah e di altri, tra i firmatari, che fanno parte dei sostenitori dello Stato unico democratico (in Palestina). Ci si aspetterebbe dai sostenitori dello Stato unico democratico che capissero ciò che significano le parole tolleranza e pluralismo.

Silvia Cattori: Non è questo un supporto ai suoi detrattori dell'UJFP e dell'IJAN? In Svizzera, l'Israeliano Gabriel Ash o Caroline Finkelstein, per esempio, che fanno parte del « Comité Urgence Palestine » e del'IJAN, hanno firmato un appello contro di lei [5]. Così facendo, non cercano di far tacere un raro e brillante intellettuale ex-Israeliano, «più qualificato di loro, e che ha quanto meno l'onestà di non vivere sulle disgrazie altrui né di monopolizzare una causa per farne il proprio mestiere, per ottenere vantaggi o promozioni, qualcuno che è senza dubbio in grado di mettere in luce le vere cause del calvario subito dai Palestinesi» [6] ?

Gilad Atzmon: Tutto ciò non mi sorprende affatto, è totalmente coerente con quanto sostengo ne La Parabole d'Esther (The Wandering Who?). Cosa c'è di più normale che persone che si identificano politicamente in quanto ebrei agiscano poi conformemente all'interesse proprio degli ebrei? Philip Wiess, un militante americano pro-Palestina, mi ha rivelato nel corso di una intervista che lui, in quanto ebreo, agiva conformemente all'interesse esclusivo degli ebrei.

Silvia Cattori: Da dieci anni osservo i malfunzionamenti in seno al Movimento e posso confermare le sue argomentazioni. Anche in Svizzera, sfortunatamente, le persone si lasciano manipolare cedendo alla paura. La lotta all'antisemitismo è diventata una delle priorità del Movimento Boycott, Désinvestissement et Sanctions (BDS) [Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni]. Saranno a breve organizzate sessioni consacrate a lottare contro il preteso «antisemitismo» di Gilad Atzmon [7]. In altre parole, i milioni di Palestinesi che sopravvivono da rifugiati nei loro campi da 60 anni, non hanno nulla da aspettarsi da questo Movimento?

Gilad Atzmon: E' da molto tempo che, insieme ad altri, si dubita enormemente del movimento BDS. Per una ragione che ignoro, il movimento BDS, in Occidente, è dominato dagli attivisti ebrei. Benché il principio di questo movimento sia perfettamente valido, e valga la pena di battersi per farlo prevalere, è ormai chiaro per molti di noi che qualcosa, ad un certo punto, è andato storto. Il mese scorso abbiamo visto il BDS lanciare un appello per impedire a Norman Finkelstein di esprimersi; questo mese vediamo lo stesso movimento lanciare un appello per impedirmi di parlare. Fantastico, no? Ormai il movimento BDS è utilizzato per soffocare la libertà di parola in seno al movimento di solidarietà con i Palestinesi.
Segnalo che, già nel 2006, avevo predetto che qualunque tentativo di interferire nella libertà di espressione, avrebbe rischiato di trasformare il BDS in un banale supporto per la caccia alle streghe. Avevo visto alcuni segnali particolarmente inquietanti. Avevamo appreso, ad esempio, nonostante la crisi finanziaria mondiale che colpisce duramente la Gran Bretagna, che gli scambi commerciali di questo paese con Israele si erano accresciuti del 34%. Dunque, da una parte noi abbiamo gli attivisti di BDS impegnati in un monitoraggio settimanale molto efficace contro un negozio che vende prodotti di bellezza israeliani [questo movimento è anche riuscito ad impedire alcuni concerti], ma, allo stesso tempo, Israele spedisce tonnellate di merci verso questo paese: si raggiunge un qualche obiettivo in questo modo? Cosa succede nella realtà?

Silvia Cattori: La sua motivazione profonda non è, dunque, solo quella di allertare i Goyim (i non ebrei) e invitarli a smetterla di essere guidati dal senso di colpa, a cessare di sottomettersi, cessare di lasciarsi umiliare. Ma anche di far comprendere che, fin tanto che non ci sarà libertà di parola, Israele può continuare a guadagnare tempo per rendere la sua morsa sulla Palestina irreversibile?

Gilad Atzmon: Ai miei occhi non esiste differenza tra ebrei e non ebrei. Il mio desiderio più grande è di poter dire quello che voglio dire. Penso che il mio messaggio sia veramente cruciale per tutti quelli che cercano la pace, siano essi ebrei o Goyim. Per me, è evidente che Israele e le lobby pro-Israele spingono incessantemente e sempre più verso il conflitto. Israele e i gruppi di pressione rappresentano ormai la più grande minaccia per la pace mondiale. È chiaro, anche, ai miei occhi, che le comunità ebraiche non frenano né Israele né le lobby. E il messaggio, per noi, è molto chiaro: è nostra l'incombenza di salvare il pianeta. Questo pianeta, dove viviamo. Siamo seduti su una bomba a orologeria. Dobbiamo svegliarci, dobbiamo esprimerci, prima che sia troppo tardi.

Silvia Cattori
http://www.voltairenet.org/achat-en-ligne/fr/livres-en-francais/67-la-parabole-d-esther-anatomie-du-peuple-elu-9782917112199.html

Silvia Cattori 
http://www.silviacattori.net/article3060.html

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