mercoledì 11 aprile 2012

Mentre la stampa mainstream si è dimenticata in fretta della Libia, oscurando i crimini dei "gloriosi ribelli" e lasciando intendere che ormai la Libia si ritrovi sulla strada della democrazia, le notizie tramite il web riescono a filtrare come reso noto sempre da Ryuzakero su CDC:

"Libia: intervista shock di una ragazzina tenuta prigioniera e torturata per mesi dai ratti:
L'intervista è in Arabo ma sotto trovate il link dove potrete leggerla in INGLESE.
Quest'intervista va assolutamente letta e diffusa a tutti perchè tra le altre cose mette in evidenza anche il coinvolgimento dei propagandisti occidentali che non si limitano a fare propaganda ma anche a....
Leggete e lo scoprirete su Libya Sos"

Questa è solo l'ultima delle numerose testimonianze relative a crimini e barbarie perpetrati dai cosiddetti rivoltosi, di cui perfino Amnesty ha dovuto prendere atto, ma la stampa pacifinta umanitaria dalla facile indignazione deve aver esaurito il suo "intere$$e" per i crimini in Libia.

Intanto, sulle sorti di Saif Al Islam, accusato dalla propaganda mediatica di gravi crimini contro l'umanità, talmente gravi che l'unica imputazione a suo carico si è ridotta a "possesso di cammelli senza licenza".Questo è il diritto che l'Occidente si premura di esportare. Leggere articolo completo sulle sorti di Saif Al Islam prigioniero in pericolo e pericoloso su Maktub

Peccato che tali ignominie non siano sufficienti per far desistere i media mainstream dal diffondere menzogne propedeutiche all'aggressione contro la Siria.

Come ad esempio la seguente, sempre l'utente Ryuzakero su CDC riporta
una delle innumerevoli notizie oscurate dai regimi pro guerra alla Siria (e indirettamente all'Iran):

"Il cameraman di New TV (Al Jadid TV) è stato ucciso dalle bande dei terroristi, non dalle Forze Armate Arabe Siriane letto su Syrian Free Press
La propaganda aveva incolpato l'Esercito Siriano della morte del giornalista ma ovviamente eran stati i ratti."

Inoltre: "Ufficiale: 6143 Siriani uccisi dai terroristi

Questi sono i dati presi da una lettera ufficiale che il governo siriano ha mandato all'ONU dove si fa la conta delle vittime dei terroristi.

- Death toll of civilians: 3211 people.
- Death toll of police : 478 people.
- Death toll of Army and Security Forces : 2088 people (as of 21 March 2012).
- Death toll of women : 204 people.
- Death toll of children : 56 people.
- Death toll of directly assassinated people : 106 people.

Resulting in a total of 6143 deaths in the Syrian Arab Republic

- Kidnapped civilians, army personnel, and police officers : 1560 people, including 931 missing people.
- Stolen government vehicles: 2256 vehicles.



Questa conta si riferisce solamente alle vittime dei TERRORISTI, quindi ovviamente le persone morte sono molte di più, in quanto i terroristi non sono stati conteggiati qui anche perchè per quanto siano terroristi e mercenari non si ammazzano tra loro... non ancora almeno... Libia docet.

La lettera completa la trovate qui su Syrian Free Press"

Da Avvenire di oggi mercoledi' 11 aprile

«I ribelli ci uccidono. L’esercito deve restare»

Viviamo in Siria da più di sette anni, amiamo questo Paese e il suo popolo. Ci sentiamo indignati e impotenti di fronte al tipo di informazioni che circolano in Europa e fanno opinione, sostenendo le sanzioni internazionali, una delle armi più inique che l’Occidente usa per tenersi le mani pulite e dirigere comunque la storia di altri popoli. Pulite fino a un certo punto: si moltiplicano le segnalazioni della presenza di personale militare inglese, francese (e di altri Paesi) a fianco degli insorti per organizzare le azioni di guerriglia, grave violazione internazionale che passa sotto silenzio.
Sono state raccolte firme e fondi per aiutare la “primavera” del popolo siriano.

Ma chi ha dato – in perfetta buona fede – offerte e sostegno della “liberazione” della Siria deve sapere che ha finanziato assassini inumani, procurando loro armi, contribuito alla manipolazione dell’informazione, fomentato una instabilità civile che richiederà anni per essere risolta. Sconvolgendo l’equilibrio in un Paese dove la convivenza era pane quotidiano. Perché intervenendo senza conoscere la realtà non siamo più liberi, ma funzionali ad altri interessi che ci manipolano.

Non è nostro compito fornire una lettura socio-politica globale della vicenda siriana, altri lo stanno facendo meglio di noi. E chi lo vuole davvero può trovare informazioni alternative. Noi ci limitiamo a raccontare solo ciò che i nostri occhi vedono, qui nel piccolo villaggio di campagna dove viviamo. E dove, quasi ogni notte, i soldati presenti nella piccola guarnigione che lo presidia sono attaccati. Sia dagli insorti presenti nella zona, sia da bande mercenarie che passano il confine siriano nel tentativo di sopraffare l’esercito e aprire un varco per il flusso di armi e combattenti. I militari rispondono? Certo, e la gente ne è contenta perché di armi e mercenari il Paese è già pieno.

Sta per scadere l’ultimatum per il ritiro dell’esercito, che qui nessuno – nel senso letterale del termine – vuole. La gente si sente sicura solo quando i militari sono presenti. Ormai le violenze compiute dai cosiddetti liberatori nelle città, nei villaggi, sulle strade, sono tante e così brutali che la gente desidera solo vederli sconfitti. Gli abusi sono continui: uccisioni, case e beni requisiti o incendiati, persone, bambini usati come scudi umani. Sono i ribelli bloccare le strade, a sparare sulle auto dei civili, a stuprare, a massacrare e rapire per estorcere denaro alle vittime? Invenzioni? La notte del Venerdì Santo, non lontano da dove abitiamo, hanno ucciso un ragazzo e ne hanno feriti altri due: tornavano alle loro case per celebrare la Pasqua.

Il ragazzo morto aveva 30 anni ed era del nostro villaggio. Non sono i primi tra la nostra gente a pagare di persona. Ormai prima di spostarsi a fare la spesa o anche solo per andare a lavorare ci si assicura che l’esercito controlli la zona. Anche a noi è capitato di trovarci bloccati dalle sparatorie per tre ore in un tratto di autostrada e siamo riusciti a ripartire solo quando si è formato un corridoio di carri armati che proteggevano gli automobilisti in transito dai tiri dei rivoltosi.

Perché di tutto questo non si parla? Perché non si parla dei tanti militari assassinati in vari agguati, gli ultimi ieri ad Aleppo? Sono tanti i drammatici esempi che potremmo citare. Il fratello di un nostro operaio, tenuto prigioniero a Homs dai ribelli insieme ad altri civili, è ormai considerato morto, due padri di famiglia del nostro villaggio sono stati sempre a Homs dai rivoltosi perché compravano e distribuivano pane a chi era rimasto isolato.

La questione che qui, però, ci preme sottolineare e per la quale invitiamo tutti a mobilitarsi è quella delle sanzioni internazionali. Chi sta pagando e pagherà ancora di più fra poco, è la gente povera.
Non c’è lavoro, non ci sono le materie prime e le esportazioni di prodotti locali, come bestiame e uova, sono ferme. Quel poco che c’è, poi, si vende a prezzi esorbitanti.

Tra le principali urgenze c’è quella del latte per i bambini. I prezzi dei cartoni sono raddoppiati, passando da 250 lire siriane a 500 (la paga giornaliera di un operaio è di 7-800 lire). Scarseggia il mangime per il bestiame: le poche confezioni disponibili sono passate da 650 a 1850 lire. Mancano i medicinali specialistici, scarseggia l’elettricità perché i ribelli hanno fatto saltare più volte le centrali e le linee di conduzione. Non c’è gasolio (e l’inverno è stato molto freddo quest’anno), perché la Siria non può più esportare il suo greggio in cambio di petrolio raffinato. I trattori quindi sono fermi e non si può lavorare la terra. Sono bloccati perfino i camion che prelevano la spazzatura.

Ci sono problemi con l’acqua perché le pompe funzionano col gasolio. Il nostro villaggio e quello vicino – che condividono lo stesso pozzo – hanno acqua un unico giorno alla settimana e solo per 3-4 ore. Si rischia una vera carestia per l’avvenire: presto mancherà il grano e quindi anche il pane, il solo alimento che, per ora, il governo riesce a distribuire a un prezzo calmierato, anche ai più poveri. E poi si protesta perché la Croce Rossa non può portare aiuti. È possibile arrivare a sanzionare addirittura l’importazione di pannolini per i lattanti?

Tutto questo è profondamente ingiusto. Non si è riusciti a rovesciare il governo con le armi, lo si vuole fare esasperando la gente. Certo, è proprio questa la logica delle sanzioni. Quando, però, una grande maggioranza della popolazione – che piaccia o meno – non vuole un cambiamento violento della situazione, tale sistema diventa una vera sopraffazione. Chiediamo con forza a chi può fare qualcosa di sospendere le sanzioni e di intervenire. Che la nostra tanto osannata democrazia si dimostri capace di servire il vero bene del popolo.

Un gruppo di italiani che vive in Siria (Testo raccolto da Giorgio Paolucci)


Un rapporto sulla pulizia etnica e sulle violenze dei gruppi armati a Homs e Kusayr di Marinella Correggia su Sibia Liria

La madre superiora del convento di San Giacomo di Qara, Agnès-Mariam de la Croix, ha diffuso il 31 marzo il rapporto Ultime notizie da Homs e Kusayr (http://www.legrandsoir.info/dernieres-nouvelles-de-homs-et-de-kusayr.html). Già mesi fa il monastero ha divulgato una sua conta delle vittime delle bande armate (http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=15). Scopo dell’ultimo rapporto: “far sì che l’opinione pubblica prema per la protezione della popolazione siriana, perché non si rompa il patto nazionale e si fermino le violenze interconfessionali” perché “i nobili obiettivi dell’opposizione sono stati fagocitati dall’islamismo”. Il monastero è “aperto a ricevere rifugiati e sinistrati”, per esempio i bambini di Baba Amro i cui genitori non sono ancora stati trovati. La madre superiora dà notizie gravi: una pulizia etnica in atto a danno delle minoranze ritenute filogovernative e violenze di cui lei stessa è testimone oculare da mesi.

A Homs il 90% dei cristiani sarebbero fuggiti per rifugiarsi in aree più sicure (anche il monaco italiano padre Paolo Dall’Oglio residente in Siria parla di 150mila cristiani scappati da Homs). I quartieri di Bab Sbah, Warcheh e una parte di Hamidiyeh sono svuotati e gli appartamenti invasi da bande armate che li saccheggiano e li distruggono dando poi la colpa all’esercito. Gli stessi armati avevano preso di mira i quartieri abitati dalle minoranze confessionali, con mortai, razzi e ordigni Lau israeliani. “Non è giusto dire che la popolazione civile è unicamente presa fra i due fuochi. Spesso i quartieri cristiani sono stati proprio il bersaglio di un bombardamento sistematico”.

“Quando l’esercito è entrato nel quartiere Baba Amro, i terroristi hanno radunato tutti gli ostaggi – cristiani e alauiti – in un palazzo a Khalidiyeh che poi hanno dinamitato perpetrando un massacro terribile che hanno attribuito alle forze governative”.

Nei villaggi non va meglio: “la famiglia Al Amoura, ad Al Durdak, è stata sterminata da terroristi wahabiti, 41 membri sgozzati in un giorno. E “14 membri di una famiglia alauita sono stati uccisi ad Hasibiyeh dal cosiddetto Esercito siriano libero che si ritirava da Baba Amro”.

Anche a Kusayr, non lontano da Homs, molti cristiani sono andati via e altri sono in pericolo. L’estesa famiglia cristiana dei Kasouha ha perso molti membri uccisi a sangue freddo. I quartieri cristiani sono stati bombardati da mortai (distrutta anche la chiesa di padre George Louis) e non in scontri con l’esercito ma così, gratuitamente. Sempre da bande armate “che i media internazionali cercano di presentare come valorosi resistenti mentre hanno applicato la legge della giungla, cercando di fomentare una guerra interconfessionale. Ma non ci sono riusciti: le minoranze non hanno preso le armi e hanno aspettato che arrivasse l’esercito a difenderli”. I cristiani di Kusayr affermano di aver sentito gli islamisti dire che i comitati di coordinamento locale (sempre citati come fonte credibile dai media) hanno già assegnato i beni dei cristiani alle famiglie sunnite.

In queste bande, «ci sono salafiti e wahabiti, le formazioni paramilitari degli islamisti più radicali.

Quanto alle violenze dell’esercito, il rapporto di madre Agnès afferma: «Ringraziamo tutte le istanze che da un anno chiedono all’esercito siriano, anche se spesso accusato a torto e a partire da informazioni false, di farla finita con le violenze sui civili. Ma che dire delle violenze dell’opposizione?».


La domanda di Madre Agnès la rigirerei a Kofi Annan o ai vari esponenti dell'establishment francesi e americani ( leggere "Damasco assicura il rispetto del cessate il fuoco" sempre sull'Avvenire) o agli "Amici della Siria" che il 2 aprile scorso hanno deciso di assicurare un salario ai "rivoltosi" ingaggiati per terrorizzare i civili e girare false scene, come emerge dalle testimonianze debitamente censurate come già accadde in Libia.

Consiglio anche La debacle in Siria di Thierry Meyssan su Arianna Editrice

0 commenti:

Posta un commento