venerdì 24 febbraio 2012

Mentre oggi il governo golpista conferma le guerre per conto Nato portate avanti con i nostri soldi, nel silenzio più totale dei pacifinti, dalla Libia giungono notizie di bagni di sangue continui, ma che non suscitano la ben che minima reazione da parte di coloro che si sono autoeletti quali depositari dei valori della dignità umana, sempre troppo impegnati a chiedere le bombe per il "bene dei siriani", nonché a criminalizzare il despota di turno come imposto dalle direttive del Pentagono.
Si susseguono le esecuzioni sommarie, torture, stupri e violenze di ogni tipo.
Quel che è peggio è che sono reali, a differenza di quelle di fantasia attribuite ai lealisti di Ghedafi. Ma nonostante ciò non si odono strilli, non si leva alcun coro di indignazione, non vengono scritte lettere accorate all'Onu (vedi Zanotelli) per "chiedere la fine delle violenze".
Questi figuri, sempre voltati dall'altra parte quando guardare non sarebbe politicamente corretto, sono gli eroi dei dirittoumanisti.
I "ribelli" contro il dittatore furono ben "analizzati" da giornalisti non asserviti come Meyssan o Fulvio Grimaldi (solo per fare un esempio ma ve ne sono altri), che non scrivono per i giornali che aspirano ad assicurarsi i contributi statali e possono permettersi di dire la verità.Chi, nella censura mediatica mainstream osava narrare una situazione opposta alla "versione ufficiale" è stato accusato  di essere complice del dittatore, come successo a Lizzie Phelan che ribadisce ancora a settembre come i "rivoltosi" per la democrazia e dei diritti umani avessero carta bianca per commettere ogni sorta di abuso e violenza.Nessuno ebbe nulla da dire, Onu in testa, dal momento che non era consentito "sporcare" la primavera araba che agiva per spodestare coloro che venivano marchiati in qualità di "massacratori di popoli".
Come mai si gioisce per la sentenza che condanna l'Italia a causa dei respingimenti dei libici in fuga dalla guerra (dagli umanisti auspicata), mentre gli stessi entusiasti non hanno nulla da eccepire sui numerosi casi di pulizia etnica contro i neri né tantomeno chiedono che la Nato sia condannata per aver lasciato morire quegli stessi civili che stava
proteggendo con le bombe?  Se costoro devono scegliere tra l'Impero ed i migranti, non si pongono alcun dubbio, sanno benissimo da che parte stare, ma non appena dimenticato l'"incidente" Nato, i migranti saranno già pronti  per la prossima strumentalizzazione.


mentre ormai sappiamo che Al Qaida è una creatura della CIA, leggere

Dopo le denunce di Amnesty International e Medici senza Frontiere anche Human Rights Watch documenta personalmente (a differenza dei reati attribuiti a Ghedafi che si riferivano a non meglio precisate testimonianze fornite da AL Jazeera, questa era la loro fonte per i "crimini del dittatore") i genocidi, le intimidazioni e le torture.
Come nel caso dei migranti da proteggere citato in precedenza, si usano due pesi e due misure, alla faccia dei paladini della tolleranza ed equità. Come mai non viene esternata "seria preoccupazione per i civili" e non si invoca un intervento "umanitario" contro queste bande armate che seminano il terrore e la morte? Forse esiste la volontà di fomentare l'immigrazione di massa in Europa, per infoltire il mercato degli schiavi e condividere insieme a noi la fine dei greci, o più semplicemente si vergognano a dover ammettere di aver sostenuto i veri tagliagole sotto le spoglie dei mercenari della Nato (infatti i diritto umanisti ora fanno lo stesso con la Siria)? 
La storia si ripete, ma con il "visto di approvazione" dei tutori dei diritti umani e rappresentanti della cosiddetta "società civile" che sono soliti domandare la guerra, naturalmente per ilnobile fine di ottenere più democrazia". Tutta la pletora d'ipocriti patentati con la faccia di bronzo che erano soliti scendere in piazza contro il Cavaliere per chiedere il rispetto della Costituzione, scordandosi sistematicamente dell'esistenza dell'art 11.

I "ribelli" di Misurata stanno impedendo alla gente di ritornare ai loro villaggi, stanno saccheggiando e distruggendo le loro case e attuando una pulizia etnica come avevano già fatto a Tawergha.
I crimini contro l'umanità in Libia sono all'ordine del giorno.
Questi crimini sono ben più gravi di quelli che furono inventati o addossati alle forze di Gheddafi per giustificare la "no-fly-zone". Come mai nessun mass media corrotto dice nulla ora? Dove sono finiti i criminali e delinquenti esportatori di demoNcrazYa con le loro vomitevoli litanie?

beh d'altronde quanto fossero democratici e dirittumanisti lo avevano già mostrato gettando nelle fosse comuni al grido di ''se non ora quando'' di vendoliana memoria:
Black Genocide in Libya
GENOCIDE IN LIBYA PROOF BREAKING NEWS
Libyali askerlerden ölümüne dayak!


La NATO ha trasformato la Libia in un mattatoio

OpEdNews 23 Febbraio 2012

Violenza fuori controllo in Libia: ovunque interviene la NATO seguono massacri, distruzione di massa, orrori indicibili e miseria umana
La Libia, una volta il Paese più sviluppato dell'Africa, è oggi un carnaio fuori controllo e devastato. I morti si contano nell'ordine delle decine di migliaia, ma molti di più sono i feriti, quelli ridotti ad essere senza casa ed i deportati coatti.
Il terrore ora insegue i libici che vivono nella paura, i conflitti continuano, violenza ed instabilità dilagano e non se ne vede la fine per anni a venire. Questa guerra di Washington a guida NATO è uno dei peggiori crimini della storia: colonizzazione, occupazione, saccheggio e sfruttamento erano già programmati.
L'America si è presa un altro trofeo imperiale insanguinato, mantenerselo è un altro discorso: la Resistenza Verde prosegue nei suoi sforzi di liberazione.
Meglio tardi che mai, essa spiega l'eredità lasciata dalla NATO. La relazione fuorviante di AI del 2011 dal titolo La battaglia per la Libia puntava il dito nella direzione sbagliata accusando Gheddafi per l'aggressione NATO; lo accusava in modo falso di aver «ucciso e ferito innumerevoli contestatori disarmati», aggiungendo «serie violazioni alle leggi umanitarie internazionali, crimini di guerra compresi, palesi violazioni dei diritti umani, cose che portano tutte davanti alla commissione per i crimini contro l'umanità».
Prima che arrivassero le bande di assassini sostenute dall'Occidente, la Libia era calma e pacifica. Amnesty International accusò Gheddafi dei propri crimini mentre la nuova relazione di AI dipinge un quadro totalmente differente, pur se ancora ben lontano dalla verità e dalla sua piena divulgazione. Intitolata Le Milizie Minacciano le Speranze per una Nuova Libia, tratta dell'assenza diffusa e violenta della legge, ma non spiega l'autorità dell'NTC (National Transitional Council, Consiglio Nazionale di Transizione), nè le illegali aggressioni della NATO contro una nazione non-belligerante.
La legge internazionale è chiara ed Amnesty International lo sa bene: nessuna nazione può interferire negli affari interni di un'altra se non nel caso di autodifendersi quando attaccata. La NATO arrogò a sè la responsabilità e l'autorità, ed i crimini di guerra contro l'umanità ne sono stati la conseguenza e continuano fuori controllo e la NATO è ancora coinvolta e migliaia di militari USA continuano ad invadere il Paese per controllare le strutture chiave del petrolio. Si verificano anche attacchi aerei e navi NATO occupano i porti della Libia, e sono coinvolte forze militari USA, italiane e francesi, e forse anche di altre nazioni. Resoconti da Misurata, a gennaio, dicevano che elicotteri Apache avevano massacrato dei ribelli che cercavano di occupare le piattaforme petrolifere di Brega.
Bande di criminali si aggirano fuori controllo e sono frequenti gli scontri con morti fra civili e rivoltosi rivali. Le milizie controllano le aree locali e quelle confinanti. Migliaia di Lealisti di Gheddafi e di lavoratori ospiti africani neri sono stati uccisi o catturati e torturati.
«Le Milizie continuano a rastrellare gente ed a detenerla, il tutto fuori da qualsiasi schema legale, e li tengono in prigioni segrete.... Sono in migliaia che non hanno nè modo di difendersi da questa illegalità totale nè di sfuggire alle brutalità ed alla tortura».
I detenuti intervistati da AI hanno descritto la loro esperienza straziante. Ad esempio:
• appesi in posizioni contorte;
• picchiati con fruste, calci di fucili, cavi, tubi di plastica, catene di metallo, spranghe e bastoni in legno;
• elettro-shock con conduttori sotto tensione e Taser usati come armi;
• ustioni e minacce di stupro.
(le immagini delle torture sono presenti nel rapporto AI)
Questi fatti sono confermati dai resoconti medici: con poche eccezioni, i prigionieri non hanno nè processi nè avvocati; molti hanno detto di aver confessato crimini non commessi per metter fine alle sofferenze; altri erano troppo terrorizzati per poterne solo parlare. La NATO ed i tirapiedi del Consiglio Nazionale di Transizione sanno bene cosa accade e non fanno nulla.
Il governo guidato dal CNT sembra non avere nè l'autorità nè la volontà politica di tenere a freno le milizie. Non hanno nessuna voglia di riconoscere la portata degli abusi commessi dalla milizia e nemmeno di riconoscerne dei singoli casi nonostante emergano sempre più numerose le prove di comportamenti abituali con gravi e diffusi abusi in molte parti del Paese.
Risultato: le torture e le malversazioni continuano. Amnesty International in passato ha sia esagerato i crimini di Gheddafi che sminuito il suo sostegno popolare di massa. Alla fine, la cosa è traboccata ed oggi la maggior parte dei libici vorrebbe che ci fosse ancora lui.
La NATO e gli illegittimi funzionari del CNT ignorano i diritti umani ed i principi del diritto internazionale. Le elezioni programmate non sono che una copertura data all'occupazione imperialista ed i crimini di guerra e quelli contro l'umanità resteranno impuniti; ed infatti, continuano quotidianamente.
Quelli più minacciati sono i libici di pelle scura: a migliaia in Tawargha ed altrove sono stati deportati a forza e tutt'ora non possono ritornare alle proprie case, che comunque sono state saccheggiate e bruciate. Quelli che non sono tenuti prigionieri, sono nei campi a basse risorse di Bengazi, Tripoli ed altrove.
Bande di assassini minacciano sia molti membri delle tribù Mshashiya e Qawalish, che altri residenti nelle zone della Sirte e del Bani Walid; vendette ed abusi continuano anche se la Resistenza Verde lotta per liberare la Libia e ripristinare la legge della Jamahiriya.
Amnesty International ha visitato la Libia sia a gennaio che nel febbraio 2012; le sua indagini si sono incentrate su Tripoli, al-Zawiya, le Nafoussa Mountains, Misurata, la Sirte e Benghazi e loro zone limitrofe.
Ha visitato 11 prigioni controllate dalle bande di insorti e localizzate nella Libia centrale ed occidentale, dove in 10 su 11 prigioni ha trovato detenuti torturati e maltrattati. AI li ha intervistati, ha intervistato quelli rilasciati, gli amministratori delle strutture, i medici e l'altro personale sanitario, i parenti degli uccisi in carcere, i membri della milizia ed i membri del CNT: ma i numeri esatti delle persone detenute e di quelle maltrattate non sono noti, mentre si sa che gli incarcerati sono a migliaia. I rappresentanti dell'ICRC (Comitato Internazionale della Croce Rossa, ndt) hanno detto di aver «visitato oltre 8.500 detenuti in oltre 60 luoghi di detenzione». La maggior parte a Tripoli, Misurata ed aree limitrofe.
A febbraio i tirapiedi del CNT ne detenevano altri 2.400. Quasi tutti i detenuti attuali e precedenti hanno dichiarato ad AI che il loro arresto era stato arbitrario, extragiudiziale e privo di garanzie legali con comitati di giudizio autonominatisi per l'occasione. Ovviamente non ci sono avvocati a difesa mentre la coercizione – fino alla tortura e ad altri trattamenti violenti – spingono ad autoincriminazioni ingiustificate.
Molti detenuti hanno dichiarato di essere stati segregati in posti diversi, alcuni segreti; Amnesty International è stata testimone di percosse e di minacce da parte degli insorti, anche a carico di alcuni per i quali era stato ordinato il rilascio.
Un uomo ha detto di essere stato obbligato a sdraiarsi sulla schiena, mani e piedi legati ad una rete,«in quella posizione e stato preso a pugni in faccia e poi battuto sui piedi con un tubo di gomma. Poi mi hanno fatto girare faccia in giù e mi hanno legato al letto ed in quella posizione mi hanno nuovamente percosso con un tubo sulla schiena e sulla testa. Hanno anche usato delle scariche elettriche in varie parti del mio corpo, incluso il mio braccio sinistro ed il mio torace».
Esperienze simili sono state raccontate anche da altri e ci sono referti medici che le confermano: a partire dal settembre 2011, Amnesty International ha confermato la morte di almeno 12 detenuti e ci sono prove forensi che dimostrano degli abusi estremi. I membri del CNT sapevano benissimo della cosa e non hanno fatto nulla nemmeno di fronte alle lamentele dei famigliari. A settembre, hanno promesso di «mettere sotto il controllo delle autorità ufficiali tutti i gruppi armati e di condurre piene indagini su qualsiasi episodio venga portato alla loro attenzione».
Stando ad AI l'impegno non è stato mantenuto; «finchè gli avvocati della difesa e le autorità giudiziarie non avranno accesso alle migliaia di detenuti, questi rimarranno senza processo o senza alcuna possibilità di contestare la legalità della loro detenzione...».
Come se non bastasse, ci sono delle uccisione extragiudiziali, nei confronti delle quali sono state annunciate – ma non condotte – delle indagini. Dunque violenza, impunità ed ingiustizia continuano e mentre i libici sotto Gheddafi si sentivano al sicuro, ora sono terrorizzati dall'occupazione. La responsabilità è della NATO, dei fantocci del CNT e delle bande di assassini assoldati.
La Libia di oggi è un ossario infernale, non diversamente da tutti quei posti nei quali è intervenuta la NATO, come sanno bene le vittime dei suoi orrori sia in Afghanistan, che in Iraq ed in Siria dove le lotte di liberazione continuano.
Stephen Lendman

AD UN ANNO DAL COLPO DI STATO IN LIBIA

Il 17 febbraio dell'anno scorso gruppi armati a Bengasi attaccavano i posti di polizia e le sedi governative. Mentre in Tunisia e in Egitto vi erano state grandi manifestazioni popolari contro i rispettivi governi, in Libia stava accadendo qualcosa del tutto diversa. Una azione armata fin dall'inizio e, si scoprirà dopo, organizzata prima a Parigi e appoggiata sul terreno con commandos francesi e inglesi prima dei bombardamenti americani. "Libia 2011", scritto da Paolo Sensini e uscito nell'ottobre scorso, è un libro allo stesso tempo coraggioso e obiettivo che traccia una breve storia dei rapporti tra Italia e Libia a partire dalla guerra coloniale del 1911 e che descrive gli avvenimenti dell'anno scorso e in cui si può già intravedere l'epilogo, con il bombardamento finale su Tripoli e la barbara uccisione di Gheddafi.

Abbiamo posto all'autore alcune domande.

Nel tuo libro hai denunciato la mistificazione dei fatti successi in Libia. La propaganda dei mezzi di informazione, a partire da Al Jazeera – televisione controllata dall'emiro del Qatar – riuscì a capovolgere la verità, presentando la reazione del governo legittimo di Gheddafi contro gli attacchi armati dei gruppi di Bengasi come una aggressione al popolo libico e inventando di sana pianta "fosse comuni con 10.000 morti" rivelatesi poi completamente false. Per uno scrittore come te, ma anche per la gente normale che guarda la tv ma che ama la verità, che insegnamenti possiamo trarre da questa vicenda?

L'insegnamento è che a livello mediatico si può costruire qualsiasi tipo di percezione della realtà, in particolare la "costruzione" delle vicende belliche. Nel caso libico come in tante altre occasioni precedenti e anche presenti – ad esempio la Siria – si può capovolgere la realtà dei fatti e costruirne una per gli interessi geostrategici, politici, economici della grande potenza USA e dei suoi vassalli, quelli europei come quelli del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia saudita, Qatar, Kuwait, Bahrein, Emirati arabi uniti, Oman). Ciò è avvenuto prima contro la Libia, oggi contro la Siria e un'operazione analoga è in vista contro l'Iran.

Si tratta di spaccare la Siria come la Libia sulla base di linee etnico-religiose. In altre parole, si cerca di disarticolare un grande stato unitario per creare frammenti in guerra gli uni contro gli altri.

Quella in Siria è una operazione molto simile a quella fatta contro la Libia. Ci sono sul campo molti uomini che hanno installato l'attuale potere in Libia, come Abdel Akim Belhadi, comandante militare di Tripoli, con alcune migliaia di miliziani libici attualmente operanti tra il nord della Turchia e la Siria che lanciano attacchi contro l'esercito siriano. Ma di ciò, purtroppo, l'opinione pubblica è tenuta completamente all'oscuro.

Lo scenario apocalittico viene inscenato ora per la Siria dalle stesse TV, Al Jazeera e Al Arabiya in prima linea, poi dalla CNN e via via da tutti i mezzi d'informazione occidentali. Insomma, tutti i grandi media ripetono più o meno la stessa filastrocca sui ribelli che vogliono la democrazia e il regime cattivo che bombarda tutti….

Qualche giornalista si dissociò dall'operazione di mistificazione intuendo che questa era funzionale all'aggressione alla Libia. Cosa è rimasto di questo dissenso? Sono state prese misure nei confronti dei mezzi di informazione che divulgarono notizie false, o tutto è andato nel dimenticatoio? Qualcuno, nel mondo dell'informazione e tra le forze democratiche che pure esistono nel cosiddetto Occidente, ha pensato a un qualche strumento che ci permetta in futuro di non trovarci disarmati di fronte a nuove campagne di falsificazione che poi favoriscano nuove guerre?

Purtroppo si è fatto molto poco in questo senso. Nei media ufficiali, che informano la maggioranza della popolazione, la linea è sempre la stessa, non c'è nessuna inversione di tendenza.

Le uniche informazioni che, al momento, garantiscono un maggiore livello di affidabilità, si trovano soprattutto in rete. Esistono una serie di siti e blog, in inglese ma anche in italiano, dove circolano informazioni ben documentate, serie e affidabili, ma i grandi media continuano sulla stessa linea – ed è molto poco probabile che nell'immediato futuro si comportino diversamente – perché sanno che il cittadino medio tende a prendere per buone le notizie che gli vengono continuamente scodellate lungo tutto l'arco della giornata.

L'Italia, che è un paese a sovranità molto limitata e alla mercé delle grandi potenze – soprattutto gli USA, ma anche di Francia e Gran Bretagna –, è una foglia al vento che non riesce più a tutelare minimamente i propri interessi strategici. In Libia, a causa della guerra, è venuto a mancare un rapporto molto importante per quanto riguarda l'approvvigionamento energetico, ma nonostante questo il ministro degli esteri Giulio Terzi ha varato in questi giorni un embargo contro l'Iran, voluto in primo luogo da USA e Israele, che riduce ulteriormente le risorse del nostro fabbisogno petrolifero. Tutto questo dopo che la quota di partecipazione dell'ENI nella costruzione del gasdotto Southstream – insieme a Gazprom – è scesa dal 50 al 20% e il progetto rallenta. E' una situazione che pone problemi molto seri che attiene la fornitura energetica del paese e che in ultima istanza incide e inciderà in misura sempre crescente su tutto il sistema della produzione nazionale.

Un fatto che lasciò sconcertati fu che paesi con diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza all'ONU, Russia e Cina – gli altri tre, USA Francia e Gran Bretagna, sostenevano l'intervento militare – non usarono questo diritto in modo da inviare sul campo una commissione che verificasse i fatti. In particolare il governo di Putin, che aveva avviato vari piani di collaborazione anche in campo petrolifero con la Libia, non fece quanto avrebbe potuto per impedire l'aggressione. Come te lo spieghi?

E' difficile darsi una spiegazione precisa : forse non prevedevano quanto in seguito sarebbe avvenuto. La lettera della risoluzione del Consiglio di Sicurezza riguardava una "no-fly zone"; da lì a bombardare il paese e cambiarne il regime ce ne passa. Probabilmente non si aspettavano che lo scenario precipitasse così rapidamente o magari auspicavano un esito diverso (forse addirittura una maggiore resistenza). Un intervento così diretto, massiccio, immediato e brutale forse non era prevedibile da parte di chi si riempie continuamente la bocca di legalità internazionale.

La Russia ne esce comunque molto danneggiata, dato che stava sfruttando grossi giacimenti assieme all'ENI nel Fezzan. La Cina,a sua volta, aveva 20 mila lavoratori in Libia che sono stati tutti evacuati appena è scoppiata la guerra ; non solo, l'Africom – il comando USA per l'Africa che sinora era basato in Germania – cercherà di espellere o almeno arginare la penetrazione cinese in un continente strategico per materie prime e risorse in generale, così come cercherà di creare una propria sfera d'influenza in Africa in cui la NATO non era finora riuscita a penetrare.

Nel tuo libro citi il punto di vista di un ex Capo di stato maggiore dell'Aeronautica italiana secondo il quale "le operazioni militari italiane, come dimostra la crisi libica, sono sempre accompagnate da ambiguità e ipocrisia". Berlusconi aveva costruito la sua politica estera sull'asse con l'est, cioè la Russia, e il sud, la Libia, con un ruolo centrale dell'ENI, nonché con la benevolenza degli USA in cambio di un sostegno italiano in Afghanistan. A un certo punto, per l'esattezza dopo il 14 dicembre 2010, dopo il voto di sfiducia in cui Fini fu sconfitto, ha completamente subìto l'azione della Francia, lo scaricamento da parte di Obama, le decisioni del nostro Capo dello Stato e ha permesso l'attacco a un paese amico cui ci legava un trattato di amicizia. Perché a tuo avviso non fu almeno tentata la strada proposta dalla Germania cioè di non entrare nel conflitto?

Come forse ricordate, la prima posizione di Berlusconi fu di non partecipare militarmente all'operazione. Il 22 aprile, venerdì di Pasqua, venne in Italia John Kerry, presidente della Commissione Esteri del Senato USA,a Pasqua ci fu la telefonata con Obama e da lunedì l'Italia partecipava ufficialmente alle operazioni belliche. Il nostro paese, come dicevo,dispone di una scarsissima autonomia nello scenario internazionale, potendo disporre solo di qualche ristretto margine di manovra. Un altro punto importante è che senza l'Italia e le sue basi (Aviano, Grosseto, Sigonella, Trapani Birgi, Amendola,Pantelleria, Gioia del Colle, Decimomannu) questa operazione non poteva essere realizzata. Da marzo a novembre sono state compiute migliaia di missioni di attacco, quindi l'Italia doveva per forza di cose entrare nel conflitto anche se l'azione era di fatto tutta contro gli interessi strategici del nostro paese.

Le notizie provenienti dalla Libia, dopo l'eliminazione di Gheddafi, sono piuttosto scarse. Recentemente alcuni quotidiani hanno riferito di scontri fra le milizie del governo attuale e sostenitori di Gheddafi a Bani Walid, sede dei Warfalla, la principale tribù arabo-berbera della Tripolitania. Nel libro ipotizzi – oltre che un governo retto dagli esponenti della confraternita islamica dei Senussiti, con base in Cirenaica e da sempre ostili al regime laico instaurato da Gheddafi – un paese in cui si ritorna alle divisioni tribali, e quindi più facile preda delle grandi compagnie petrolifere e bancarie dell'Occidente. Come pensi si stia evolvendo la situazione? E del vescovo Martinelli – che nelle sue dichiarazioni durante la guerra e anche nell'introduzione al tuo libro lascia intendere che le cose andarono ben diversamente da come fu detto dai mezzi di informazione da te definiti "embedded", schierati – cosa ne è? Si è mantenuta la pace religiosa che c'era durante il governo di Gheddafi?

A Tripoli la situazione si è abbastanza normalizzata; ci sono attacchi di tanto in tanto, qualche fronteggiamento armato, ma la vita continua. La gente ha bisogno di una certa normalità dopo tanta distruzione. Nelle altre parti della Libia, invece, continua il fronteggiamento tra le varie fazioni. Con l'uccisione di Gheddafi e il crollo del vecchio quadro politico ci si spara l'uno contro l'altro per garantirsi e possibilmente aumentare una propria sfera di influenza.

Anche nel Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) ci sono forti conflitti interni e scontri fra gruppi. Abdel-Hafiz Ghoga, vicepresidente del CNT, si è dovuto dimettere qualche settimana fa' a furor di popolo ; prima della guerra era uno dei più stretti collaboratori di Gheddafi, come del resto al-Jalil, Jibril, Younis e diversi altri. Tutti i massimi dirigenti del regime di Gheddafi hanno costituito il CNT, e questo, tradotto dal linguaggio paludato dei media, significa una sola cosa: un colpo di Stato.

Fra le tribù è saltata la pax gheddafiana perchè il leader rappresentava in qualche modo una sorta di primus inter pares; è venuto così a mancare l'equilibrio e tutti cercano ora una sfera di importanza per la propria tribù, cosa che evidentemente rende molto difficile ricomporre una parvenza di unità del paese. Ma questo in fondo, è proprio ciò che si voleva: una guerra – ad alta o bassa intensità – tra le varie componenti della società, in Libia come già in Iraq, Afghanistan, Somalia: è la politica del caos che si cerca di fomentare un po' dovunque come ora si tenta di rifare in Siria.

Di recente si è avuta una colluttazione assai forte fra le milizie di Misurata e i Zintan (tribù a ovest di Tripoli), che tra l'altro sono quelli che avevano catturato Saif al-Islam.

Martinelli, in qualità di vescovo di Tripoli, al momento cerca di preservare il più possibile la componente cattolica. Per ora non ci sono state ritorsioni ma non è detto che degenerando la situazione non possano avere luogo ; con Gheddafi c'era la convivenza pacifica di ogni culto, ma ora incombono molte incognite. E' probabile che la situazione cambi quando la Shari'a (la legge islamica n.d.r.), che è stata proclamata dopo la presa del potere da parte dei " ribelli " di Bengasi, entrerà a regime impattando con il tessuto sociopolitico preesistente.

La Libia prima era un paese laico, una repubblica, come del resto lo è anche la Siria; è paradossale che queste repubbliche laiche vengano combattute e monarchie veramente feudali come quelle del Golfo siano alleate dell'Occidente e "paladini della democrazia".

La politica di Gheddafi, che a nostro avviso non teneva in debito conto la pericolosità della situazione internazionale, conteneva alcuni progetti importanti, tra cui quello di una moneta unica africana che, utilizzando i proventi derivanti dal petrolio, avevano l'obiettivo di uno sviluppo dell'Africa sganciato dal controllo dei paesi occidentali. La guerra in Libia ha stroncato per il momento questa ipotesi che però è quella più vicina non solo agli interessi dei popoli arabi e africani ma anche a quelli dei popoli europei. Una Europa autonoma, in grado di condurre una politica pacifica di cooperazione con il Continente nero, significherebbe benessere reciproco per i secoli a venire. Assistiamo invece a quella che sembra una nuova guerra per l'Africa oltre che per il controllo del petrolio in Medio Oriente. Il fatto grave è che i popoli europei, e quello italiano in primo luogo dati i rapporti storici tra Italia e Libia, pur essendo contrari a questa guerra hanno dovuto subirla, non solo per le decisioni del governo ma anche perché i partiti di sinistra l'hanno sostenuta e nello stesso tempo il movimento pacifista è stato del tutto assente. Le guerre coloniali del secolo scorso, oltre alle atrocità commesse verso quei popoli, non produssero alcun beneficio ai popoli europei, è bene ricordarlo.

A tuo avviso, esistono in Europa forze contrarie a una politica neocoloniale con cui aprire un discorso, un dibattito che contrasti questa tendenza?

Con tutta la buona volontà è difficile al momento vederle. Negli ultimi casi di guerra non si sono manifestate, mentre si erano viste per l'Iraq e l'ex Jugoslavia (quando presidente del consiglio era D'Alema). Da un po' dobbiamo registrare la trasformazione delle sinistre e dei pacifisti nei maggiori sponsor della guerra e della "esportazione della democrazia".Anzi, proprio costoro più di tutti hanno spinto per l'intervento bellico, tra cui il presidente Napolitano, uomo di punta del vecchio PCI da sempre molto apprezzato a Washington, così come si è registrato un coro unanime per l'intervento dal PD alle frange più estreme della sinistra extraparlamentare.

La popolazione è frastornata e bombardata da notizie contraddittorie; d'altra parte la crisi morde, spostando l'attenzione sulle questioni pratiche della sussistenza quotidiana e le notizie estere vengono raccontate come un misto di " rivoluzioni "e avvicinamento alla democrazia. La ribellione viene presentata da quasi tutti i media come spinta verso la democrazia, ma in quasi tutti i contesti dove ha avuto luogo la " Primavera Araba " si sono registrate addirittura delle involuzioni violente e reazionarie.

I media in generale, con giornali di "sinistra" con "La repubblica" in testa, spingono ora per l'intervento militare nello scenario siriano, forse ancora più nevralgico di quello libico. Ma in questo modo rischia di saltare tutto il Medio Oriente, con la possibilità che s'inneschi una guerra mondiale e non solo regionale.

Sulla Siria c'è un vincolo internazionale che si è manifestato con il voto di Cina e Russia contro l'intervento nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU ; la Russia ha una base navale a Tartus, unico sbocco strategico per quanto riguarda l'accesso dei russi al Mediterraneo. Anche Brasile, India, Iran, Venezuela potrebbero entrare in campo a favore della Siria nel caso di un possibile intervento bellico. Se ci fosse un attacco verrebbe molto probabilmente coinvolto anche l'Iran, che è una potenza militare tutt'altro che di secondo piano.

La Russia, al momento, è sottoposta a forti pressioni internazionali per smussare questa sua posizione di difesa della Siria, ma credo che terrà duro (forse memore della lezione libica), anche perchè cedere sarebbe dare mano libera agli USA, Francia, Gran Bretagna, Qatar, Arabia Saudita e a Israele, che hanno tutto l'interesse affinchè vadano in pezzi gli scenari consolidati dei suoi antagonisti nello scacchiere mediorientale. In Siria attualmente vi è già una consistente presenza di squadre speciali franco-britanniche e qatariote per la fornitura di armi e supporto logistico e la Russia lo sa benissimo.

Certo, la guerra è un epilogo possibile che sconvolgerebbe il quadro geopolitico attuale con sviluppi imprevedibili. Ma vi sono forze in campo che, nonostante gli effetti devastanti che ciò produrrebbe, pare stiano facendo di tutto perchè si realizzi una situazione di questo genere.

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