martedì 14 febbraio 2012

Sui civilizzatori del pianeta con carta bianca dell'Onu, Ongs, dirittoumanitaristi vari che fanno da ufficio propaganda per tali gendarmi ecco descritte altre loro nefandezze con dovizia di particolari.Come mai non vengono banditi dal mondo? Segue serie di articoli
Barbara

Presi con le mani nel sacco i killer inglesi nel Corno d'Africa
 ASMARA, Eritrea – ai primi di febbraio 2011, una squadra di sei mercenari britannici è stata colta in flagrante nel bel mezzo dei preparativi di un tentativo per assassinare i vertici del governo eritreo nella città portuale di Massaua sul Mar Rosso.
Dei sei, quattro sono stati arrestati e due sono riusciti a fuggire, abbandonando i loro compagni, schizzando fuori dalla baia di Massaua, nel Mar Rosso, su un gommone a motore, senza essere mai più visti dagli eritrei.
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E' davvero tragico che alla Sig.ra Clinton sia concesso di strillare per le carneficine che i suoi skagnozzi compiono in giro per il mondo senza che nessuno la "screditi" nei mainstream, anzi l'impero si estende con il plauso totale di ogni organizzazione della "società civile".

L’alleanza blasfema tra i mercenari della Blackwater e i governanti degli Emirati Arabi Uniti

“… Non ci vuole uno scienziato per capire la logica dietro la diffusione di R2 negli Emirati Arabi. Le autorità hanno paura di questi lavoratori a basso reddito e dei loro diritti legittimi di cui vengono derubati. La diabolica alleanza con un odiato gruppo di omicidi dal grilletto facile, come la Blackwater, ha molto a che fare con il contenere le potenziali agitazioni dei lavoratori, e quindi per evitare catastrofi come quelli occorsi all’ex Shah nell’Iran, a Zine Ben Ali in Tunisia e a Hosni Mubarak in Egitto. Ma come la storia ha mostrato, per tanti volte è arrivato il momento in cui nessun gruppo di mercenari è in grado di proteggere un regime impopolare.”
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Esecuzioni sommarie di soldati e civili in Mali

Secondo la stampa maliana c’è la Francia dietro alla ribellione dei tuareg. Il presidente Touré avrebbe infastidito Sarkozy

Francesca Dessì

Esecuzioni sommarie, forse un centinaio, sono state commesse nella città di Aguelhock, nel nord est del Mali, durante un’offensiva dei ribelli Tuareg, che hanno ripreso la lotta armata a fine gennaio contro governo di Bamako per chiedere l’indipendenza dell’Azawad. Le violenze sarebbero avvenute lo scorso 24 gennaio ma solo ieri sono state denunciate dal ministro francese dello Sviluppo Henri de Raincourt: “Ci sono stati episodi di violenza assolutamente atroce e inammissibile a Aguelhoc con esecuzioni sommarie di soldati e civili”. Le vittime sono state “sgozzate”, altre freddate “con un colpo alla testa”, ha affermato Raincourt in un’intervista alla radio Rfi, parlando di “metodi barbari e veloci” che ricordano “quelli usati da al Qaida”. La notizia è stata confermata dall’esercito maliano. “Ci sono state effettivamente delle esecuzioni sommarie quel giorno (il 24 gennaio)”, ha detto alla France presse il colonnello Idrissa Traoré, capo dell’Ufficio relazioni pubbliche delle forze armate, riferendo “di almeno una sessantina di persone che sono state giustiziate quel giorno”. Un ufficiale che avrebbe sepolto le vittime di queste esecuzioni, contattato dalla France presse, ha riferito di aver contato “97 soldati uccisi” e di aver visto “una base militare completamente devastata, con veicoli in fiamme”. Non è ancora chiaro perché la Francia, che nei giorni scorsi è intervenuta a più riprese sul conflitto nel nord del Mali, abbia deciso di denunciare il grave episodio di violenza solo ieri. È anche la prima volta che Parigi suppone un possibile collegamento tra i ribelli del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad e Al Qaida. Addirittura a fine gennaio, l’Eliseo aveva smentito le dichiarazioni del governo di Bamako che aveva affermato che membri di al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) e i ribelli tuareg avevano attaccato insieme Aguelhoc il 24 gennaio. Ieri il ministro francese dello Sviluppo ha invece confermato la notizia, invitando le due parti a “cessare il prima possibile le ostilità”. La situazione si aggrava di giorno in giorno. Il presidente Amadou Toumani Touré ha lanciato una massiccia operazione militare per riconquistare il nord del Paese. Gli scontri più violenti si concentrano nell’area di Tessalit – dove c’è una base militare francese - per il controllo di uno strategico scalo aeroportuale. Combattimenti che hanno provocato secondo la Croce rossa internazione “30mila sfollati costretti a vivere in condizioni estremamente precarie”. La stampa maliana non ha dubbi su chi c’è dietro alla rivolta dei tuareg: la Francia. In particolare i principali giornali del Paese si sono scagliati contro il ministro degli Esteri francese Alain Juppé, soprannominato “la gaffe”, che martedì scorso ha “festeggiato” le “sconfitte” dell’esercito maliano e le “vittorie” dei ribelli tuareg prima di chiedere ad entrambe le parti un “cessate il fuoco”. Neanche una parola è stata spesa contro la rivolta del Movimento nazionale per la Liberazione dell’Azawad, che mirerebbe a dividere e destabilizzare il Mali, un Paese dove i “bianchi” ( tuareg e arabi) e i neri ( gli africani) convivevano pacificamente e non avevano alcuna intenzione di dividersi. A fomentare e ad armare i ribelli del Mnla, secondo la stampa maliana, è la Francia, interessata ai giacimenti di petrolio presenti nel nord del Paese e contrariata dalla politica del presidente Touré, colpevole di aver rifiutato alcune proposte di Nicolas Sarkozy.Tra le varie richieste, c’era quella di istallare una base militare francese nella città di Sévaré. La Francia ha già ben tre basi militari nel Paese: a Bamako, a Gao e a Tessalit, quest’ultima considerata strategica. Inoltre Touré si sarebbe rifiutato di sottoscrivere un accordo di riammissione in seguito ad espulsione degli immigrati maliani in Francia. Intesa che Parigi ha già firmato con otto Paesi tra cui Senegal, Mauritius e Burkina Faso. In Francia ci sarebbero infatti 100mila maliani. Inoltre Touré ha avuto la sfrontataggine di schierarsi dalla parte di Gheddafi durante il conflitto libico, criticando apertamente l’operazione militare dell’Eliseo. Secondo la stampa del Mali, il presidente Sarkozy – sull’esempio di quanto fatto in Costa d’Avorio contro il presidente Gbagbo - ha quindi deciso di rendere un inferno gli ultimi mesi di governo del presidente Touré. Ad aprile sono infatti previste le elezioni presidenziali. Ma se la Francia pensa di poter interferire sulla scelta del nuovo capo di Stato, i principali giornali del Paese africano avvisano che il Mali non è la Costa d’Avorio o il Gabon e che ha colonizzazione è finita cinquant’anni fa.
Rinascita

Ecco invece come racconta la vicenda quella testata considerata nell'immaginario collettivo come "antisistema" e "di denuncia" perciò nel mirino di coloro che intendono chiudere una voce "scomoda" ed "imperdibile. "Il Manifesto", da alcuni definito "bene comune", legge gli eventi in Mali alla luce del romanzo stile "tornano gli zombie cattivi"...

 La colpa è tutta dei Tuareg che orfani del loro leader Muammar Ghedafi sono "incattiviti" ed in cerca di vendetta, per giunta armati fino ai denti (a proposito Sig.Matteuzzi, i tunisini ed egiziani NON erano armati, il fatto che siano armati o meno non è l'unico elemento da prendere in considerazione per sostenere una lotta o denigrarla).
Il ruolo della Francia che è ottimamente argomentato da Rinascita è totalmente "sfuggito" al Manifesto.Chissà, forse si intende sostenere la necessità di una "missione umanitaria"?
L'autore si chiede, dimentico del ruolo svolto dal suo giornale per sostenere quanto fosse assolutamente necessaria la rimozione di Ghedafi perché "violatore di diritti umani" (accennando a malapena e di malavoglia qualche volta alle immense bugie mediatiche ma anzi spesso facendo da cassa di risonanza alle stesse), stesso discorso che vale per la Siria.
Nonostante riconosca che "Un altro segnale di una situazione che al di là delle bei propositi, sta sfuggendo di mano a coloro che l'hanno fomentata: è di qualche giorno fa la notizia che l'altro gruppo umanitario - Medici senza frontiere - ha deciso di «sospendere» le sue attività a Misurata, in Libia." quindi si sono sostenuti dei "ribelli" tanto democratici e "umani" resi tali dal cattivo Ghedafi che da altri giornalisti (non pagati) erano stati documentati come membri di Alqaida e mercenari di ogni dove con licenza di terrorizzare i libici? Il suo quotidiano davvero non è "arruolabile" tra i fomentantori di questa guerra?
Scrive ancora "Amadou Toumani Touré, ma soprattutto importante alleato degli Stati uniti contro la filiale regionale di al Qaeda, l'Aqmi (al Qaeda del Maghreb islamico)".
E' convinto il Matteuzzi che gli Usa combattano Al Qaida? Meglio che si legga Lendman in
Gli USA utilizzano al-Qaeda come nemico-alleato.

Prima il suo alternativo giornale sostiene ogni balla mediatica contro Ghedafi nonché la necessità di un regime change, fomentando e giustificando l'intervento "umanitario" per "proteggere i civili armati" poi si sostiene che TALE aggressione sia stata condotta per fermare la primavera araba? Forse un periodo di riposo ai collaboratori di questa testata farà bene ....."Tutto questo è un effetto della «guerra umanitaria» in Libia, dichiarata e combattuta, oltre che dagli insorti sul campo, dai crociati dell'occidente che volevano disfarsi dell'ormai decotto ma sempre inaffidabile Gheddafi: Francia, Inghilterra, Stati uniti, Italia e le petro-monarchie del Golfo impegnate a fermare a ogni costo il virus della primavere sul fronte libico, prima che arrivasse a casa loro. "

Riporto l'art per intero, potrebbe sparire dal web, sotto.

Ora chiudo con una chicca segnalata da Altranews

Guerra all'Iran "legalmente" giustificabile. Parola di sionista


Primavere arabe

La vendetta di Gheddafi: i tuareg minano il Mali
Maurizio Matteuzzi

Reduci dalla guerra civile libica e potentemente armati fanno tremare un paese fragile, pedina degli Usa nella lotta ad al Qaeda del Magreb
Dove si deve fermare la «primavera araba»? I tuareg dell'Azawad - la zona di Sahara fra il nord del Mali, il nord del Niger e il sud dell'Algeria - possono legittimamente aspirare a fare parte della primavera? No perché sono armati mentre le masse di Tunisi e del Cairo non lo erano? Ma anche gli «insorti» libici e i «disertori» siriani sono armati e sono parte integrante della primavera. Allora? Allora non ci si capisce più niente. Peggio, si capisce tutto fin troppo bene.
Ora a scricchiolare è il Mali, poverissimo e vastissimo paese del Sahel africano guidato dal presidente Amadou Toumani Touré, ma soprattutto importante alleato degli Stati uniti contro la filiale regionale di al Qaeda, l'Aqmi (al Qaeda del Maghreb islamico). I tuareg, i mitici «uomini blu» di tanti film esotici, che vagano nomadi per il Sahara senza conoscere i confini (spesso) inventati dalle vecchie e nuove potenze coloniali, non sembrano avere molto a che fare con gli ultrà di al Qaeda. Ma reclamano, e non da ora, un'area (un paese? una nazione?) autonoma fra le montagne di quella vasta, spopolata e inospitale regione. L'Azawad. Per cui è (di nuovo) sceso in campo il Movimento nazionale di liberazione dell'Azawad (Mnla). Come, ricorrentemente, negli anni '60 e '90, e ora, più di recente, nel 2006 o nel nel 2009.
Tutto questo è un effetto della «guerra umanitaria» in Libia, dichiarata e combattuta, oltre che dagli insorti sul campo, dai crociati dell'occidente che volevano disfarsi dell'ormai decotto ma sempre inaffidabile Gheddafi: Francia, Inghilterra, Stati uniti, Italia e le petro-monarchie del Golfo impegnate a fermare a ogni costo il virus della primavere sul fronte libico, prima che arrivasse a casa loro.
Ora il Mali è sotto stress, e del tutto impreparato. Una vendetta postuma del colonnello Gheddafi. Che in vita si spese molto per fomentare guerre di liberazione, insurrezioni o destabilizzazioni nei paesi africani a sud della Libia - non solo il Ciad degli anni '70-'80 e i limitrofi Niger e Mali ma Angola, Zimbabwe, Eritrea, Guinea Bissau, Mozambico, Namibia... - e che sembra continuare a farlo da dopo morto.
L'onda d'urto del conflitto libico haragiunto il Mali (per ora). I reparti tuareg che combattevano a fianco di Gheddafi contro gli insorti, dopo la sconfitta e il linciaggio del raìs sono tornati a sud, nel loro habitat. E dal 17 gennaio, quando hanno sferrato un attacco all'esercito di Bamako nel nord del paese, hanno lanciato la «guerra di liberazione dall'occupazione maliana». Non sono tanti, si parla di un migliaio di combattenti guidati da «un colonnello delle forze armate libiche» e, ieri, un'agenzia di stampa, scriveva addirittura che alla loro testa ci sarebbe Abdullah al Senoussi, il famoso/famigerato capo dei servizi segreti gheddafiani, dato più volte per morto o catturato nella guerra civile libica ma sfuggito alla sorte sia di Muammar (linciato a Sirte) sia del figlio Saif al Islam (catturato a Bani Walid). Un migliaio di combattenti bastano a creare una minaccia seria per il (debole) regime di Bamako e per le (deboli e malearmate) truppe maliane. Perché i combattenti del Mlna andandosene dalla Libia si sono portati dietro un temibilissimo arsenale d'armi. Per le truppe maliane non si tratta più di scontrarsi con bande di tuareg armati di kalashnikov ma con «veterani» di guerra armati fino ai denti con armi sofisticate e pesanti.
Da gennaio, nel nord sahariano del Mali, gli scontri si sono ripetuti e i morti da entrambi le parti si contano a decine se non a centinaia. Un clima di guerra che ha costretto alla fuga popolazioni civili prese fra due fuochi - non solo i tuareg, ma i songhoi, i fulani e le altre etnie del deserto -, ora riparate in condizioni terribili nei paesi vicini: in Niger (10000), Mauritania (9000), Algeria (3000), e abbandonate a se stesse: ieri anche l'ong Doctors of the World/Médicins du monde ha annunciato la «sospensione» delle attività nel nord del Mali per le condizioni di insicurezza del suo personale medico. Un altro segnale di una situazione che al di là delle bei propositi, sta sfuggendo di mano a coloro che l'hanno fomentata: è di qualche giorno fa la notizia che l'altro gruppo umanitario - Medici senza frontiere - ha deciso di «sospendere» le sue attività a Misurata, in Libia.
Come raccontava al New York Times Bajan Ag Hamatou, dignitario della città di Mékala, est maliano al confine col Niger investita dall'afflusso di profughi, l'occidente (noi), col pretesto della democrazia in Libia, ha provocato un pandemonio nel cortile restrostante: «Gli occidentali non volevano più Gheddafi e se ne sono disfatti. Ma hanno creato problemi per tutti noi. Quando vi siete liberati di Gheddafi in quel modo barbaro, avete creato altri dieci Gheddafi. E l'intera regione saharo-saheliana è diventata invivibile»



2 commenti:

  1. Ciao Barbara, le èlite al potere oltre che assassine sono anche vigliacche, vogliono fare le guerre, che vadano loro in prima linea invece di usare la feccia peggiore, i mercenari, quelli non guardano in faccia a nessuno e vanno fino in fondo.

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  2. già Krommino, ma quello che ferisce di più è proprio tutta quella marmaglia che tifa per una "squadra" piuttosto che l'altra, insomma che sia la plebe a tifare per i bombardamenti che servono all'elite che schiavizzano entrambi è il colmo..

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