martedì 28 febbraio 2012

Stanno arrivando in Italia dalla Cina 900 scimmie destinate alla sperimentazione

il Comitato Scientifico EQUIVITA, in seguito alla notizia delle 900 scimmie che stanno giungendo in Italia dalla Cina, destinate alla sperimentazione, ritiene che sia giunto il momento di dire:

ORA BASTA.

- Basta di far passare per valido un metodo di ricerca che non è MAI stato sottoposto al processo di verifica imposto ad ogni altro metodo (e che mai potrebbe superarlo).

- Basta di imporre all’Europa un metodo di ricerca biomedica ritenuto anti-scientifico, e dunque fuorviante, da un numero di scienziati sempre più esteso e nei centri della scienza più accreditati (vedansi articoli pubblicati su Science, British Medical Journal, Scientific American, Nature, ecc.ecc.), in quanto le risposte ottenute su di un animale non sono trasferibili alla specie umana.

- Basta di lasciare indisturbate le lobby che rendono l’Europa impermeabile al “cambiamento epocale” nella ricerca biomedica. Il cambiamento epocale, che porta all’abbandono dei test su animali, è stato lanciato e illustrato negli Stati Uniti già nel 2007 dal NRC (Consiglio Nazionale delle Ricerche) con il documento “Toxicity testing in the XXI century: a vision and a strategy”.

- Basta di impedire in Europa ciò che negli Stati Uniti avviene già da 5 anni nei centri statali per la ricerca tossicologica (EPA, FDA, USDA, NIEHS): la sostituzione dei dati derivati dal “modello animale” (inaffidabili per noi), con dati specifici per la specie umana, basati sullo studio di cellule e tessuti.

- Basta di fare in modo che gli interessi privati prevarichino su quelli della
collettività e che l’Unione Europea si ritrovi, per la ricerca biomedica e tossicologica, nelle retrovie del progresso scientifico.

- Basta di mettere a repentaglio la salute dei cittadini ostacolando l’accesso a metodi di ricerca ben più esaurienti, affidabili, veloci ed economici, ottenuti con le straordinarie nuove tecnologie, già di uso comune in molti paesi, e sole in grado di tutelarci dalle insidie di un ambiente sempre più inquinato.

- Basta, infine, di restare sordi all’appello della grande maggioranza dei cittadini europei (86% della popolazione nel 2006, secondo un sondaggio della Commissione) che, valendosi dell’art. 13 del Trattato della UE, invoca la fine della vivisezione e il rispetto degli animali quali “esseri senzienti”.

- BASTA, in conclusione … noi diciamo alla DIRETTIVA europea 2010/ 63, che, incurante della strada tracciata oltreatlantico, ha rilanciato la sperimentazione animale estendendone addirittura le modalità di applicazione, e ha mancato un’occasione unica per l’Europa di un aggiornamento sia etico che scientifico.

EQUIVITA ritiene che sia giunta l’ora per l’Europa di una presa di coscienza su questo tema e dell’inizio di un nuovo ruolo da protagonista in un importante CAMBIAMENTO CULTURALE, indispensabile alla tutela dei diritti di tutti i viventi, indispensabile all’avanzamento della ricerca.

Le 900 scimmie potranno essere il detonatore per un’azione (pacifica ma rivoluzionaria) di tutti i cittadini europei contro la crudele, fuorviante, delirante pratica chiamata VIVISEZIONE. Sarebbe significativo che questo tanto atteso rinascimento culturale partisse ancora una volta dall’Italia.
Comitato Scientifico EQUIVITA


900 macachi per la ricerca (inutile)
Che a Correzzana, in provincia di Monza, stiano arrivando, nottetempo e opportunamente scaglionati, 900 macachi destinati alla vivisezione, travalica ogni comprensione. E’ un evento che ferisce per diversi motivi:

perché va contro la decenza (non c’è modo di “accogliere” in modo adeguato neppure 10 animali appena strappati al loro ambiente naturale, la foresta, stremati dopo molte ore di viaggio dentro gabbie simili a pacchi postali come segnala questo video-shock della Buav inglese);

perché va contro la morale (non sono merce come intendono i protagonisti di questo lucrativo traffico ma creature senzienti, come recita l’articolo 13 del Trattato dell’Ue);

perché va contro la buona scienza e la buona medicina (lo dice l’appello sempre più stringente di ricercatori che si oppongono alla vivisezione sulla base di argomentazioni scientifiche);

perché va contro le leggi della natura (che non conoscono il gratuito spreco della bellezza e della vita per ragioni di tornaconto personale, privilegi di casta, bilanci aziendali e carriera individuale).

E anche perché – purtroppo – non va contro le leggi dell’Unione europea. Che, anzi, regolamentano e proteggono operazioni come quella di Correzzana.

Queste leggi sono state approvate a Strasburgo poco meno di due anni fa, e nessuno di chi le ha votate ignora che i primati prelevati dal loro ambiente naturale, terrorizzati e spesso moribondi, non sono 900 bensì decine di migliaia all’anno; e nessuno di loro può aver dimenticato che ogni giorno non solo scimmie ma anche topi, ratti, conigli, cani, gatti, pesci, uccelli, maiali, capre, lontre – insomma tutto ciò che vive e si riproduce – vengono accecati, avvelenati, mutilati, ustionati, amputati, drogati, resi folli, costretti a nuotare sinché non muoiono, affamati, assetati, immobilizzati nelle sedie di contenzione, decerebrati, elettrocutati.

Ora, per i 900 macachi di Correzzana gli animalisti italiani sono insorti. L’onorevole Brambilla ha presentato un esposto alla procura della Repubblica e ai Nas. Il ministro della Salute ha promesso che farà controlli. L’argomento torna a suscitare interrogativi e sdegno: la Harlan di Correzzana diventerà un simbolo della lotta contro la vivisezione come la Green Hill di Montichiari?

Se vi siete chiesti che fine facciano i beagle allevati a Montichiari (o altrove), e se volete sapere qual è il destino degli animali in transito a Correzzana (o in altri “stalli” analoghi), adesso c’è un dossier che comincia a rispondere in modo sistematico a queste domande. Commissionato a due medici dall’associazione britannica Animal Aid, Vittime della solidarietà fotografa le ricerche finanziate da quattro grandi “charities” inglesi leader in Europa nei settori del cancro (Cancer Research UK), delle malattie cardiovascolari (British Heart Foundation), del Parkinson (Parkinson’s UK) e dell’Alzheimer (Alzheimer’s Society). Quasi 365 milioni di sterline, poco meno di 430 milioni di euro, buttati nel giro di 12 mesi, tra il 2009 e il 2010, in una fornace che macina soldi, animali e insuccessi con lo stesso ritmo e al riparo degli stessi muri di omertà e interessi di un qualsiasi anno voi prendiate dalla metà del secolo scorso ad oggi.

In fatto di cani, che sono uno dei “modelli animali” più diffusi nella ricerca per il cuore, il Dossier ricorda che nel 2005 la British Heart Foundation è stata al centro di vive controversie per aver finanziato 27 esperimenti su cento cani scandalosamente sprovvisti, nei resoconti retrospettivi, di pezze d’appoggio scientificamente accettabili. “Le procedure consistevano nell’aprire il torace dei cani anestetizzati, tagliare il midollo spinale, drenare e rimettere in circolo il sangue, recidere i nervi di collegamento con il cervello, l’apparato gastrointestinale e il diaframma”, spiega Adrian Stallwood supervisore di medicina clinica all’Università di Cardiff e co-autore del Dossier insieme con André Ménache. Ma da allora, polemiche o no, poco è cambiato: perché nel frattempo le norme si sono fatte ancor più permissive. E poiché i cani sono naturalmente resistenti agli infarti, “una pratica veloce e sicura per distruggerne sistematicamente il cuore, per periodi che durano anche mesi, consiste nell’iniettare grani di polistirene nelle arterie, cosa che li porta alla morte nel 30% dei casi”.

Paradossalmente, a venire in aiuto degli antivivisezionisti, amplificandone involontariamente le idee, a volte sono gli sperimentatori stessi, specie quelli di prestigio. Prendiamo Clif Barry, il consulente di punta del governo americano in fatto di tubercolosi, il top researcher del paese per questa malattia sempre più ribelle a ogni cura. A che servono i topi nella ricerca? gli hanno chiesto. Risposta: a niente. Basta vedere come funziona la ricerca: nessun farmaco, infatti, può essere sperimentato sull’uomo se prima non ha dimostrato di essere efficace sul topo; e nessun farmaco viene sperimentato sul topo se non ha prima dimostrato di essere efficace in provetta. “Il brutto di questo meccanismo – ha dichiarato Barry a www.slate.com, il giornale online del gruppo Washington Post – è che nessuna di queste fasi di sperimentazione ha valore predittivo”. In altre parole: una nuova molecola che funziona in provetta può non avere alcun effetto sul topo, e un rimedio che agisce magnificamente sul topo può avere tutt’altro effetto sull’uomo.

Viene in mente la storia dell’aspirina: da quando è stata scoperta, più di 112 anni, fa ne abbiamo inghiottite oltre un milione di miliardi di dosi. Gli inglesi ne consumano 70 pastiglie all’anno a testa, per il 74% degli americani è il block buster di tutti i tempi e di tutti i rimedi. Per descriverne gli effetti e le infinite virtù sono stati scritti oltre 23 mila articoli scientifici. E non solo i medici la prescrivono come analgesico, anti-infiammatorio, antipiretico, ma viene utilizzata come anticoagulante e fluidificante del sangue, indispensabile quindi per le sofferenze coronariche e i rischi di trombosi. Tutto bene, quindi? Sì, ma… ma se nel lontano 1899 avesse dovuto superare i test con gli animali che oggi sono obbligatori, allora addio aspirina, addio rimedio buono per tutti. L’acido acetilsalicilico, infatti, agli animali fa malissimo. Siamo così poco simili – noi e loro – che questa medicina miracolo per l’uomo è invece causa di gravi malformazioni negli embrioni dei cani, dei gatti, delle scimmie, dei topi, dei conigli e dei ratti.

Per la maggior parte degli animali  l’aspirina è “pericolosa se ingoiata”, “irritante per gli occhi”, “irritante per le vie respiratorie”, “irritante per la pelle”, e come se non bastasse è anche “co-cancerogena con sospetti di mutagenicità”. Oggi che si sperimenta sugli animali, con un profilo tossicologico come questo, nessuna sostanza, in nessun caso, può sperare di arrivare allo stadio in cui viene testata clinicamente sull’uomo. La scarterebbero molto prima.
Il Fatto Quotidiano
 

 
 
 

1 commenti:

  1. Io sulla sperimentazione animale ho un'idea diversa. Non mi sento di dire no alla sperimentazione a prescindere perchè so benissimo che l'antibiotico che prendo quando ho la febbre è stato sperimentato su di un animale. Ovviamente sono d'accordo sul fatto di evitarla quando possibile ma so per certo che ad oggi non è possibile sostituirla del tutto. In più c'è uno scopo precauzionale perchè se è vero che la sperimentazione su cellule e tessuti funziona è altrettanto vero che i risultati ottenuti devono essere poi verificati su un essere vivente. E sarebbe pericoloso farlo direttamente sull'uomo.

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