domenica 20 giugno 2010

Mercoledì 23 Giugno, ore 21.00 Sala Consigliare di Sant'Ambrogio (TO)

Israele e Palestina:pace impossibile?

La tragedia delle navi per Gaza:
la testimonianza diretta della giornalista Angela Lano
Con la partecipazione di :

·    Elvio Arancio, artista sufi e collaboratore di InfoPal

·    Gianluca Gobbi, caporedattore Radioflash e corrispondente di radio popolare network



Lettera alla stampa sulla vicenda mediatica della Freedom Flotilla

Infopal
Gentili colleghi,

vogliamo esprimere un ringraziamento forte, sentito e particolarmente apprezzato alle e ai poche/i giornaliste/i che, rompendo a proprio rischio il muro della comunicazione a senso unico, ci hanno aiutato nel difficile compito di far passare informazioni, e informazioni corrette, nella vicenda seguita dal nostro ufficio stampa , relativa alla Freedom Flotilla.

Ma prima che un dramma come quello che si è consumato pochi giorni fa nelle acque internazionali prospicienti Gaza venga ricoperto da un velo di ipocrita silenzio, ci preme, come ufficio stampa,condividere con voi qualche considerazione....




Qualche giorno prima della partenza della Freedom Flotilla per Gaza abbiamo iniziato il nostro lavoro, chiamando le redazioni, inviando materiale sulle navi, sul loro carico, sui passeggeri e il loro scopo. Eravamo convinti che una copertura mediatica potesse accompagnare le nostre navi e fornire loro più credibilità, oltre che trattenere la mano che si fosse alzata per far loro del male.
Perché la nostra flotta, nonostante la campagna di discredito attuata dalla maggior parte delle vostre redazioni, opportunamente imbeccate, quello era: una flotta pacifica, con un codice morale ben stampato nell'anima di ciascuno dei suoi partecipanti. Anche in quello dei morti turchi, di cui la maggior parte di voi si è guardata bene dal fornire un solo nome, una sola notizia che li connotasse come persone, esseri umani partiti per un ideale e finiti ammazzati perché Israele potesse riaffermare al mondo il suo diritto a imporre la propria legge.

Difficilmente, in situazioni simili, un giornalista rinuncerebbe al suo diritto di investigare, di sentire tutti, di intervistare, ricostruire la dinamica dei fatti. e qualcuno di voi l'ha fatto, e lo ringraziamo per aver sfidato non solo la censura, ma anche l'autocensura, forse ancora più pericolosa.
Ma molti,dopo aver ignorato la partenza delle navi e averle lasciate sole, senza il sostegno della pubblica opinione che forse,chissà, avrebbe potuto scongiurare il bagno di sangue che si è poi verificato (e si trattava di missioni umanitarie della società civile, e non di governi), si sono ben guardati dal fare il loro mestiere, si sono solamente seduti e hanno atteso.

Ed ecco che, come la manna, la verità a senso unico è arrivata. Qualcuno però ci chiamava, e ci chiedeva dei numeri di telefono, dei contatti, dei video di quello che stava succedendo. Indubbiamente conoscete il nostro lavoro, e sapete bene quanto sia dipendente dalla tempestività e dal possesso di informazioni di prima mano.

Molti di voi si sono stupiti e meravigliati che noi non avessimo che pochissimi dati con cui controbattere la versione offerta dall'esercito israeliano, ma quello che è accaduto è in realtà quello che accade tutti i giorni alle notizie provenienti da quella che noi ci ostiniamo a chiamare ancora Palestina, e che forse, dovremmo cominciare a chiamare "riserva", perché che cos'altro, se non le riserve degli Indiani d'America potrebbe fornire il giusto paragone? Prigioni a cielo aperto, un termine che ci ha perfino nauseato nella sua ossessiva ripetizione, come l'altro, "omicidi mirati", per nascondere quella che in realtà è una pena di morte applicata senza alcun processo e senza possibilità alcuna di difesa... Che tristezza appropriarsi di certi termini senza averli verificati, così, solo per un senso di comodo...
Tornando al nostro lavoro, vi assicuriamo che è stato difficilissimo, perché siamo stati oscurati, noi e le persone che erano sulle barche: a livello mediatico si è scatenata la più impressionante offensiva a cui abbiamo mai assistito: non solo nessuno poteva più trasmettere dalle navi, utilizzare i telefoni o inviare immagini, ma anche noi siamo stati colpiti da un potere che spande ovunque la sua longa manus. I nostri I phone si sono spenti improvvisamente per giorni, le nostre mail sembravano impazzite, e perfino la telefonia fissa ha sofferto per i black out. Paranoie? Può darsi, ma tanto è successo, e a tutti noi.

L'unica, sovrana informazione, è stata quella israeliana. "falsi pacifisti" "terroristi", i termini giusti sono stati pronunciati, e molti di voi, non tutti per fortuna, li hanno presi come oro colato, confortati dalle immagini a senso unico che vi venivano fornite. E i video che stanno uscendo ora, quelli che spiegano la dinamica esatta degli eventi, filmati durante l'attacco alla Mavi Marmara che rivelano come ben prima di scendere dall'elicottero i soldati avessero iniziato a sparare e a uccidere,
quelli no, voi non li utilizzate. Perché ormai non fa più notizia, ormai tutto quello che la parte vincente voleva farvi dire è stato detto: che c'erano pacifisti buoni e cattivi, come vuole del resto la logica del divide et impera, e che gli altri tacciano, con i loro morti scomodi, morti non occidentali, morti di infima serie. I morti della Marmara lasciano 28 figli, sono figli bambini, ma questo vi lascia indifferenti. E in fondo anche alcuni degli uccisi (fossero stati occidentali voi avreste detto: trucidati) anche alcuni di loro erano poco più che bambini, idealisti, come la ragazza il cui nome era stato scelto per la nave irlandese, idealisti giovani che pensavano di avere un mondo migliore quando la loro età fosse divenuta matura. Come i Palestinesi, che muoiono ogni giorno, ammazzati dall'indifferenza del mondo che, con termine poco appropriato, si definisce "civile". E la strage non è più solo di persone, è d'informazione, di verità. Deontologia professionale? Per molti di voi è un vuoto retaggio d'altri tempi, come la legge morale, che ciascuno dovrebbe conservare dentro di sé come il bene più caro. Parlate di bavaglio? Con quale diritto vi opponete, seppur giustamente, quando il bavaglio voi stessi lo mettete per non aver disturbi in alto loco?

Vi accontentate delle ragioni del più forte, che, come insegnava Esopo, sono di gran lunga le migliori. Ma forse, quello che vi sta sfuggendo è, come scrive Arundhati Roy, "che forse c'è una piccola dea lassù, nel cielo, che si sta preparando per noi. Un altro mondo non solo è possibile: la dea è già in viaggio. Forse molti di noi non saranno qui ad accoglierla, ma in una giornata tranquilla, se rimango in ascolto, riesco a sentire il suo respiro". ..

Peccato che tanti di voi, non tutti per fortuna, non se ne accorgeranno fino alla fine, di quel respiro di vita..... perché tutti noi, donne e uomini liberi, insofferenti dell'ingiustizia e del terrore, quello vero, noi che non potremmo mai sentirci liberi finché non lo saranno tutti, perché è nello specchio dell'altro e delle sue sofferenze che giornalmente ci riconosciamo, noi torneremo.

A Gaza con le nostre navi e dovunque ci sia bisogno, "torneremo, e saremo milioni..." e voi ci sparerete ancora addosso col vostro silenzio, e noi cattureremo uno, due di voi alla nostra causa, volta per volta, finché resterete in pochi, servi dei potenti e della morte, che vi aleggerà intorno e che onorerete col vostro silenzio, o con le vostre colonne dettate dalle bugie del più forte e tintinnanti degli spiccioli che sembrano dare l’unico senso al vostro lavoro di g i o r n a l i s t i...


per l'ufficio stampa della Freedom Flotilla Italia

Giovanna Nigi, Patrizia Cecconi
http://ariachetira.blogspot.com/2010/06/lettera-alla-stampa-sulla-vicenda.htm

INTANTO SI MUOVONO NAVI BELLICOSE VERSO IL GOLFO PERSICO
La stampa come commenterà, se ne darà notizia?



Flotta USA-Israele in rotta verso il Golfo Persico
IL CAIRO - Una flotta composta da una dozzina di navi da guerra statunitensi ed una nave militare israeliana di attraversare il Canale di Suez in direzione del Mar Rosso. Non è noto dove la flotta sia diretta, ma secondo alcune fonti potrebbe puntare sul Golfo Persico.
Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa United Press International (UPI), l’Egitto ha consentito alle navi di attraversare il Canale di Suez al Mar Rosso venerdì 18 giugno. Ancora non è stata annunciata, in modo ufficiale, la destinazione finale della flotta, ma secondo alcuni fonti potrebbe effettivamente essere in rotta verso il Golfo Persico. Specifiche misure di sicurezza sono state attuate dalle autorità egiziane onde un passaggio sicuro della flotta, ritenuta come la più grande armata degli Stati Uniti che attraversa il canale negli ultimi anni. È stato interrotto tutto il traffico commerciale/civile marittimo nel canale di Suez mentre le forze di sicurezza egiziane sono state posizionate lungo i due lati di una dei canali artificiali più famosi del mondo. La flotta è guidata dalla USS Harry TRUMAN, la nona portaerei della USNAVY a propulsione nucleare, nelle cui note caratteristiche viene descritta per lunghezza alla pari dell'Empire State Building (uno dei grattacieli più alti al mondo), dotata di 2 reattori nucleari, con una serie di aerei da guerra (del tipo F 14 Tomcats; F A 18 Hornets; E A 6 Prowlers; S 3b Vikings, E 2 Hawkeyes; Sh 60 Sea Hawks; C 2 Greyhound). Nel frattempo, Jeff Steinberg della rivista Executive Intelligence Review, che viene pubblicata a Washington, ha detto alla PressTv che la notizia è stata confermata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Intanto i partiti d’opposizione egiziani hanno criticato il governo del Cairo per aver consentirto il passaggio nel momento in cui cresce la tensione in Medioriente per il recente attacco israeliano al convoglio di aiuti umanitari verso l’assediata Striscia di Gaza. Il 31 maggio, le forze israeliane hanno attaccato la flottiglia, uccidendo nove attivisti che erano a bordo della nave turca Mavi Marmaris. L'atto criminale, condannato dalla comunità internazionale, ha suscitato le proteste anti-sioniste in tutto il mondo.
http://italian.irib.ir/notizie/politica/item/82487-flotta-usa-israele-in-rotta-verso-il-golfo-persico

  

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